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Stretta sulle Vpn in Cina, impossibile sfuggire alla Grande Muraglia di fuoco

Impossibile in questi giorni in Cina riuscire a collegarsi ai siti censurati dalle autorità, utilizzando l’escamotage delle Vpn, i servizi che fingono collegamenti dall’estero per aggirare i controlli del grande fratello cinese. Le autorità di Pechino hanno infatti bloccato, in quella che è l’azione più grande in questo senso, quasi tutti i provider di virtual private network, largamente utilizzati non solo dagli stranieri ma anche da milioni di cinesi per raggiungere siti some Facebook, Youtoube, Twitter, Gmail. In questi giorni, le aziende fornitrici del servizio, stanno informando dell’impossibilità di fornire connessioni sicure soprattutto sui sistemi operativi mobili dell’Apple. Secondo forum online, la Grande Muraglia di Fuoco (Great Firewall), come viene chiamato il servizio di controllo internet cinese giocando sulle parole della grande muraglia e dei firewall, è stata migliorata e questo rende la vita impossibile ai gestori di vpn. Già prima era noto alle autorità di Pechino l’uso di questi servizi che, infatti, dovevano essere scaricati attraverso connessioni sicure. E la guerra cibernetica tra i gestori di Vpn e il Great Firewall era sempre stata vinta dai primi. Il blocco sta causando non pochi problemi anche a diverse aziende straniere con uffici in Cina, soprattutto a causa dell’impossibilità di utilizzare i servizi di posta Google.

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Censurato sito maoista, diffondeva dottrine marxiste-leniniste

Niente propaganda marxista in Cina – paese sulla carta tuttora ‘comunista’ – senza controllo preliminare della censura. E’ in base a questo principio che le autorità di Pechino hanno imposto la chiusura d’un sito internet maoista per non meglio precisati ”problemi ideologici”. Lo riferisce radio Free Asia, secondo la quale ‘The East is Red’ (L’Oriente è Rosso), sito che mirava perlopiù a diffondere idee marxiste e leniniste secondo l’interpretazione di Mao, è stato fermato questa settimana su ordine dell’Amministrazione per le Comunicazioni del governo. Stando al parere di Chen Yonggmiao, un analista politico, la chiusura ‘per motivi ideologici’ del sito suggerisce in effetti come il Partito comunista al potere resti determinato a reprimere tutte le forme di dibattito ideologico, da qualunque parte provenga. Inclusi dagli ambienti che, in opposizione al vento che cambia, propugnano un ‘eccesso di ortodossia’. ”Le regole del gioco imposte dal partito – ha notato Chen – sono che a nessuna organizzazione e’ consentito di giocare un ruolo al di fuori del sistema di governo”. ”La sinistra maoista – ha commentato un utente online – spesso non è soddisfatta dello stato di cose a causa della corruzione e quindi si mostra in disaccordo con la linea del partito. Questo fa sì che debba essere eliminata”. La censura cinese non cessa del resto di stringere le sue maglie, cercando in ogni modo di sopprimere ogni possibile fattore di dissenso esplicito. Un atteggiamento che sta diventando ancor più evidente in questo periodo, approssimandosi il 25/mo anniversario della strage di piazza Tiananmen. La chiusura del sito ‘The East is Red’ non è d’altra parte l’unica azione del regime contro i ‘maoisti’ duri e puri nel paese. Recentemente a un professore dell’università di Nankai, nostalgico del Grande Timoniere, è stato impedito di tenere le sue conferenze, che sono state tutte cancellate. A un altro docente maoista è stato invece imposto di smettere di avere contatti con i media stranieri. Nel gennaio scorso un gruppo di cultori della memoria di Mao ha scritto inoltre una lettera aperta ai nuovi leader cinesi, per protestare contro la chiusura di vari siti internet bloccati sin dall’aprile 2012. Siti che solo in parte, e sotto discreta quanto ferrea sorveglianza, sono stati poi riaperti.

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Censura cinese blocca Noah di Russel Crowe

La censura ha bloccato la distribuzione in Cina del film Noah, il colossal americano nel quale la parte del protagonista e’ affidata all’attore australiano Russel Crowe. Dando la notizia, i media cinesi non hanno chiarito quali siano le ragioni che hanno indotto a censurare il film, che gia’ e’ stato bandito da alcuni Paesi musulmani (Bahrein, Indonesia, Malaysia, Qatar, Emirati Arabi Uniti). Noah e’ anche stato criticato dalle organizzazioni fondamentaliste cristiane negli Usa. Il ritratto che il film fornisce di Noe’, una importante figura sia per l’Islam che per il Cristianesimo, e’ stato giudicato troppo poco convenzionale da questi governi e organizzazioni. E’ possibile che dietro al divieto imposto dalla censura cinese ci siano ragioni commerciali, dato che stanno per essere immesse sul mercato cinese una serie di megaproduzioni americane tra cui “Godzilla” e ‘Spiderman 2″. Nelle sei settimane trascorse dalla sua apparizione sugli schermi negli Usa, Noah ha incassato la cifra record di 99 milioni di dollari. Altri 233 milioni sono andati nelle tasche dei produttori dalle proiezioni nel resto del mondo.

fonte: ANSA

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Censurate in Cina quattro serie tv, tra queste anche The Bing Bang Theory

Le autorità cinesi hanno ordinato la rimozione dal web di quattro serie tv americane, molto diffuse tra i giovani cinesi. Da oggi, non si potranno più vedere in rete The Good Wife, Ncis, The Practice ma soprattutto The Big Bang Theory, vero successo tra i giovani cinesi tanto da essere diventata la serie televisiva straniera più vista di sempre. L’ordine è giunto ai gestori dei siti dalla State Administration of Press, Publication, Radio, Film and Television. La decisione non è stata motivata. I programmi in questione non erano mai stati trasmessi sulla rete televisiva tradizionale, perché privi di autorizzazioni, anche se i diritti erano regolarmente detenuti dai siti. Sono molto diffusi tra i giovani e giovanissimi, per i quali di tratta di serie cult. Su internet, molti i commenti negativi a tale decisione e si cercano siti dove poter scaricare, ovviamente illegalmente, le serie bandite dal nuovo regolamento.

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Kerry in Cina denuncia censura, “internet sia libero”

In una aperta sfida al governo cinese, il segretario di Stato americano John Kerry ha incontrato oggi nei locali dell’ Ambasciata americana di Pechino alcuni blogger critici verso il regime a partito unico. Nel corso dell’ incontro, che e’ durato 40 minuti, Kerry ha chiesto alla Cina di “sostenere la liberta’ di Internet”. “Chiaramente, noi pensiamo che con una maggiore liberta’ su Internet l’ economia cinese diventera’ piu’ forte”, ha affermato il segretario di Stato, che da ieri e’ in visita in Cina e che e’ stato ricevuto dal presidente cinese Xi Jinping, dal premier Li Keqiang e dal ministro degli esteri Wang Yi. I blogger hanno chiesto a Kerry di sostenere la liberta’ di Internet e di appoggiare gli attivisti per i diritti umani. Uno di loro, Zhang Jialong, che lavora per uno dei giganti cinesi delle comunicazioni, la Tencent, e che gestisce un “microblog” seguito da 110mila persone, ha sostenuto che la situazione in Cina “non e’ affatto migliorata” negli ultimi anni. Zhang ha citato i casi di Xu Zhiyong, l’ avvocato e attivista condannato a quattro anni di prigione in gennaio per aver “radunato una folla per disturbare l’ ordine pubblico”, e di Liu Xiaobo, il professore e premio Nobel per la pace che sta scontando una condanna a 11 anni di reclusione per “sovversione”. Il blogger ha chiesto al segretario di Stato di visitare la moglie del premio Nobel, Liu Xia, tenuta illegalmente agli arresti domiciliari da oltre tre anni, ricevendo una risposta evasiva. Kerry si e’ limitato a dire che gli Usa “sollevano costantemente questi problemi” con i loro interlocutori cinesi e che “continueranno a farlo, ad ogni livello”. Jialong ha anche accusato alcune compagnie americane di “aiutare” i censori che gestiscono la cosiddetta “Grande Muraglia di Fuoco”, cioe’ il sistema di controlli che impedisce l’ accesso ai siti di comunicazione sociale come Twitter, Youtube e Facebook, considerati pericolosi dal governo cinese. In passato la Microsoft e’ stata accusata dal sito di dissidenti GreatFire di aver censurato alcune parole chiave considerate “delicate” da Pechino – come “Dalai Lama”, il leader tibetano in esilio che e’ una spina nel fianco per il governo, e “incidente del 4 giugno”, vale a dire il massacro del 1989 di piazza Tiananmen – su un motore di ricerca in cinese da lei gestito, Bing.com. Inoltre, l’ ufficio di Yahoo! in Cina e’ stato denunciato per aver permesso alle autorita’ di arrestare il giornalista Shi Tao, che aveva diffuso su Internet il testo di un documento del Dipartimento per la propaganda del Partito Comunista Cinese, fornendo i dati necessari ad identificarlo. Arrestato nel 2005, Shi Tao e’ stato condannato a dieci anni di prigione ed e’ stato rilasciato nel settembre del 2013. Kerry ha risposto di non aver mai sentito, in precedenza, accuse di complicita’ con la censura cinese rivolte a compagnie americane. Oltre a Zhang Jialong hanno partecipato all’incontro Wang Keqing, impegnato nella denuncia della corruzione e per la difesa dell’ ambiente, l’ ex-giornalista Ma Xiaolin e Wang Chong, direttore di un canale di blog per conto di uno dei principali portali cinesi. “Ho sottolineato che il rispetto dei diritti umani e il libero scambio di informazioni contribuiscono a rafforzare una societa”’, ha riferito Kerry al termine dei suoi incontri con i dirigenti cinesi.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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Bing, motore di ricerca di Microsoft, aiuta censura cinese

Il motore di ricerca di Microsoft, Bing, concorrente di Google, censurerebbe la ricerca di alcuni argomenti considerati sensibili nella sua versione cinese. Secondo quanto riferisce GreatFire.org, un’organizzazione costituita da avvocati che si battono per la libertà di espressione in Cina, nella versione cinese di Bing la ricerca di parole come ”Dalai Lama”, ”Falun Gong” o ”Tiananmen” risulta filtrata conducendo a risultati diversi da quelli ottenuti con la versione inglese (che ad esempio per il Dalai Lama rimanda, come primo risultato della ricerca, al sito ufficiale del leader tibetano). Rispondendo alle accuse, Microsoft, ha fatto sapere che è stato un guasto del sistema ad aver rimosso rimosso alcuni risultati di ricerca. Già in passato la società era stata criticata per aver censurato la versione cinese di Skype.

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Arresti a Guangzhou in anninversario manifestazioni per stampa libera

Diversi attivisti e un avvocato sono stati arrestati a Guangzhou, l’ex Canton nella provincia meridionale cinese del Guangdong, in occasione dell’anniversario della protesta dei giornalisti del Southern Weekend per un intervento censorio. Da qualche giorno, gli agenti hanno circondato la sede del giornale con un nastro, per evitare manifestazioni. Il sette gennaio dell’anno scorso, i giornalisti manifestarono contro la decisione di Tuo Zhen, leader del Dipartimento per la propaganda del Guangdong, di rimuovere l’editoriale di inizio d’anno che sosteneva la necessità di riforme, con uno scritto da lui stesso e favorevole al governo. In seguito, in uno vicenda straordinaria per la Cina, centinaia di cittadini hanno inscenato una manifestazione di sostegno ai giornalisti davanti agli uffici del giornale a Guangzhou, chiedendo a gran voce la libertà d’informazione. Dopo alcune settimane, la situazione tornò alla calma e nel giornale fu inserita la figura di un censore interno. Nell’editoriale di questo inizio d’anno, il giornale ha ribadito l’intento di continuare a operare per la libertà di informazione. Per scongiurare ulteriori manifestazioni, gli agenti nei giorni scorsi hanno operato arresti di dissidenti della zona.

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Bloccato in Cina il sito del The Guardian

Bloccato in Cina il sito internet del quotidiano britannico ‘The Guardian’. Gia’ da ieri i tentativi di accedervi sono risultati vani da qualsiasi parte del Paese anche utilizzando browsers diversi. Solo l’uso di vpn (virtual private network, un software che permette di collegarsi tramite ip stranieri bypassando quindi la censura) consente di leggere on line gli articoli del quotidiano britannico nel Paese del dragone.ÿ Non è la prima volta che Pechino decide di oscurare siti di giornali stranieri. Era già accaduto con Bloomberg e con il New York Times nel 2012 dopo che pubblicarono articoli che rivelavano le enormi ricchezze accumulate dai leader politici cinesi e dalle loro famiglie. Il motivo che ha ora condotto alla censura contro il Guardian non è però ancora chiaro. Qualcuno ipotizza che la cosa possa essere legata a un articolo dello scorso 6 gennaio in cui si parla delle tensioni etniche nella regione dello Xinjiang anche se il quotidiano sostiene di aver coperto l’argomento in modo da non provocare conseguenze. Ancora non si sa se quello contro il ‘Guardian’ è da considerarsi un blocco temporaneo o meno. A novembre scorso, la versione in lingua cinese dei siti di Reuters e del Wall Street Journal era stata bloccata per pochi giorni.

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Rinnovati tesserini a decine di giornalisti americani

Le autorita’ cinesi hanno rinnovato i tesserini a decine di giornalisti del New York Times e dell’ agenzia Bloomberg, con una decisione che prelude alla concessione dei loro visti per il 2014. Lo hanno affermato fonti dei due media e del Foreign Correspondent Club of China (Fccc). Le due prestigiose testate americane hanno condotto negli ultimi mesi approfondite inchieste sulla situazione finanziaria delle famiglie di alcuni dei massimi dirigenti cinesi, tra cui il presidente Xi Jinping e l’ ex-premier Wen Jiabao. Il problema dei giornalisti dei due media era stato sollevato dal vicepresidente americano Joe Biden nel corso della sua recente visita in Cina. Ai corrispondenti stranieri in Cina – circa 700 – viene concesso un visto annuale, che scade in dicembre. Per chiedere il rinnovo del visto vero e proprio, che viene rilasciato dalle autorita’ di polizia, e’ necessario prima rinnovare il proprio tesserino, che viene rilasciato dal ministero degli esteri. Il Fccc ha denunciato pochi giorni fa l’ intensificazione dell’ uso dei visti per intimidire i giornalisti stranieri e ha ricordato che dal 2012 a quattro reporter – una della rete televisiva Al Jazeera, due del New York Times e uno dell’agenzia Reuters – non e’ stato rinnovato il visto, un provvedimento che equivale all’ espulsione dal Paese.

fonte: ANSA

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In Cina, secondo Nyt, minaccia espulsione per decine di giornalisti Usa

Due dozzine di giornalisti che lavorano per due delle testate più prestigiose degli Usa, il New York Times e l’agenzia Bloomberg, non hanno ancora ottenuto il rinnovo del visto cinese per il 2014, e potrebbero essere espulsi dal paese. Lo scrive oggi lo stesso Nyt, sottolineando che questo significherebbe la chiusura di fatto degli uffici delle due testate in Cina. Il problema è stato sollevato nei giorni scorsi dal vicepresidente John Biden nei suoi colloqui col numero uno cinese Xi Jinping che, secondo il Nyt, “è apparso indifferente”. Nei mesi scorsi Bloomberg e Nyt sono entrati in rotta di collisione con le autorità con inchieste che hanno rivelato le ricchezze accumulate da due dirigenti cinesi – lo stesso Xi Jinping e l’ex-premier Wen Jiabao – e dalle loro famiglie. Secondo il Nyt, Biden ha affermato che “le innovazioni si sviluppano quando la gente è libera di respirare liberamente, parlare liberamente, è in grado di sfidare l’ortodossia e i giornali possono riportare la verità senza paura delle conseguenze”. In Cina i visti dei giornalisti stranieri hanno la durata di un anno e scadono tutti alla fine di dicembre.

fonte: ANSA

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