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Banca centrale Cina svaluta a sorpresa lo yuan ai livelli del 2011

La banca centrale cinese ha svalutato a sorpresa lo yuan fissandolo a 6,5314 rispetto al dollaro (-0,22%), il livello più basso dall’aprile 2011. La mossa dell’istituto centrale, che segue quella di agosto, avviene dopo che nei giorni scorsi le autorità erano intervenute sul mercato per provare a fermare la volatilità. Dopo la decisione di oggi è sceso anche lo yuan offshore quotato a Hong Kong a 6,6964.

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Gli Usa in pressing sulla Cina affinche il valore di Yuan di mercato sia dettato da mercato

Gli Stati Uniti in pressing sulla Cina. Il Tesoro americano chiede a Pechino di far giocare al mercato un ruolo maggiore nella valutazione dello yuan. E – nel rapporto semestrale sulle politiche valutarie ed economiche – afferma che ”monitorerà da vicino” la valuta cinese. Nonostante le raccomandazioni, il Tesoro non ‘bolla’ comunque la Cina come manipolatore di valute. Il recente calo dello yuan e’ ”senza precedenti”, ed è un indebolimento che crea ”preoccupazioni particolarmente serie” se segnala un passo indietro di Pechino dal suo impegno a limitare gli intervento e a lasciare che le forze di mercato giochino la loro parte. La Cina – afferma ancora il Tesoro americano – dovrebbe comunicare i propri interventi sul mercato dei cambi in modo regolare per aumentare la credibilita’ della sua politica e promuovere la trasparenza. Il Tesoro non risparmia neanche la Corea del Sud che, a giudizio di Washington, dovrebbe limitare gli interventi a circostanze eccezionali.

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Per Tesoro Usa lo yuan resta sottovalutato

Lo yuan ”resta considerevolmente sottovalutato”. Lo afferma il Tesoro americano nel rapporto semestrale al Congresso, evitando comunque di bollare la Cina come ”manipolatore di valute”. Lo yuan ”resta significativamente sottovalutato”: la Cina ”ha ridotto sostanzialmente il livello degli interventi ufficiali sul mercato dei cambi dal terzo trimestre del 2011” afferma il Tesoro americano. Lo yuan e’ balzato oggi ai massimi degli ultimi 19 anni dopo il raggiungimento di un accordo in Europa sulla Grecia e sulla scia dei segnali che il rallentamento dell’economia cinese sia giunto alla fine. Gli Stati Uniti hanno accumulato nel 2011 un deficit commerciale con la Cina di 259,4 miliardi di dollari, ovvero l’8% in piu’ rispetto ai livelli del 2010. Il governatore della banca Centrale cinese Zhou Xiaochuan ha assicurato nei giorni scorsi che la piena convertibilita’ dello yuan sara’ il prossimo passo nell’ambito della revisione del sistema dei tassi di cambio. La Cina e’ il maggiore creditore estero americano

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Da venerdì Giappone e Cina cominciano trading diretto yen-yuan

Giappone e Cina salutano il dollaro: le due maggiori economie dell’Asia saldano l’asse e s’apprestano ad avviare dal primo giugno lo scambio diretto delle monete. L’annuncio di Tokyo e Pechino si configura come una specie di addio al biglietto verde che perde il ruolo di riferimento nelle transazioni bilaterali, sia commerciali sia finanziarie, quale passo in linea con l’intesa del 25 dicembre 2011 (il cosiddetto ‘accordo di Natale’), siglato tra il premier cinese Wen Jiabao e l’omologo giapponese Yoshihiko Noda per rafforzare i legami. “Il tasso di cambio yen-yuan sarà costantemente indicato in entrambi i mercati, facilitando la negoziazione valutaria diretta”, ha spiegato il ministro delle Finanze nipponico, Jun Azumi. La mossa potrebbe contribuire a rafforzare il raccordo finanziario “e tassi di cambio più bassi per le aziende”, ha rilevato in una nota la Peoplés Bank of China (Pboc). Azumi, in conferenza stampa, ha aggiunto che, facendo a meno del dollaro come passaggio intermedio, le due valute asiatiche contribuiranno a “ridurre i costi su transazioni e regolamento delle operazioni presso gli istituti finanziari nonché a rendere le valute più utili e attive sul mercato di Tokyo”. Il tasso di parità centrale yen/yuan sarà dato dalla media ponderata dei prezzi forniti dai market maker, ha ricordato il China Foreign Exchange Trade System, il braccio operativo della Pboc che oggi ha fissato il rapporto in 7,9480 yuan per 100 yen. Allo stato, la Banca centrale cinese determina il valore dollaro/yuan, basato sulle quote definite dai player di mercato, e l’utilizza per il fixing con le altre principali valute. Con Pechino impegnata a internazionalizzare il ‘renminbi’, lo yuan centra l’obiettivo di superare lo yen come terza valuta più adoperata per finanziare export/import, salendo al 4% del rilascio globale di lettere di credito in termini di valore: in base ai dati dei primi 4 mesi del 2012 forniti dalla Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (Swift), il dollaro è all’84%, l’euro al 7% e lo yen all’1,9%. Gli sforzi della Cina per irrobustire il profilo dello yuan all’estero sono confermati dalla decisione di Tokyo di compare a marzo fino a 10 miliardi di dollari di debito pubblico cinese per le sue riserve. Da un lato è l’1% dei 1.300 miliardi del portafoglio giapponese in valuta estera – secondo più corposo al mondo dopo la Cina -, mentre dall’altro ha portata simbolica importante, alimentando la diversificazione dal dollaro. Per altro verso, gli investimenti esteri diretti dal Giappone in Cina sono saliti del 16% nel primo quadrimestre (a 2,7 miliardi di dollari), a fronte di un calo del 2,38% segnato da Pechino a livello globale, a 37,9 miliardi. Il commercio annuale bilaterale è più che raddoppiato tra il 2001 e il 2011 (a 27.541 miliardi di yen, circa 350 miliardi di dollari), secondo il ministero delle Finanze di Tokyo, ma la maggior parte è trattata in dollari e meno dell’1% in yuan. Banche come HSBC, Bank of China, Standard Chartered, Jibun Bank, Mitsubishi UFJ, Sumitomo Mitsui e Mizuho consentono già in Giappone a singoli e/o aziende di tenere depositi in yuan. I legami economico-finanziari sull’asse tra Tokyo e Pechino superano nei fatti le storiche frizioni politiche.

fonte: ANSA

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Non a breve la piena convertibilità dello yuan

Il Governatore della Banca Centrale cinese, Zhou Xiaochuan ha smentito la notizia diffusa ieri secondo la quale lo yuan diventerà pienamente convertibile entro il 2015. Lo riferisce lo Shanghai Daily. Parlando ad alcuni giornalisti a Londra, Zhou ha detto che “fino ad ora il piano economico nazionale 2011-2015 non stabilisce una data precisa per la piena convertibilità”. Negli ultimi due anni la Cina ha cercato di promuovere l’uso dello yuan nei commerci internazionali per ridurre la dipendenza del Paese dai finanziamenti in dollari. Ciò ha portato alcuni commentatori a concludere che la Cina avrebbe fatto di tutto per rendere lo yuan, noto anche come renminbi, liberamente convertibile in breve tempo. Ipotesi che però era stata considerata, quanto meno a breve termine, poco probabile dagli economisti. In visita a Londra con una delegazione governativa per dei colloqui, Zhou ha detto che la Cina non ha nessuna ‘particolare urgenza’ di includere la sua moneta nell’Sdr, lo Special Drawing Right, l’unità di conto del Fondo Monetario Internazionale. L’Sdr include attualmente il dollaro, l’euro, lo yen e la sterlina. Secondo le attuali linee guida del Fmi, lo yuan non è idoneo per l’inclusione nel paniere, perché appunto non è convertibile.

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Nuovo record per yuan, Pechino apre a rivalutazione

Il renminbi potrebbe fluttuare ‘piu’ liberamente’ in scia alle turbolenze internazionali e all’ inflazione cinese, piuttosto che sulle pressioni Usa, nonostante l’imminente visita a Pechino del vicepresidente, Joe Biden. La People’s Bank of China ha fissato oggi il tasso di parita’ centrale dello yuan a 6,3925 contro il dollaro, segnando un nuovo massimo per il quinto giorno di trading consecutivo. Un segnale non da poco cui a stretto giro, se ne e’ aggiunto un altro piu’ corposo: i tempi ”sono maturi” per allargare la fascia di oscillazione dello yuan nei confronti del biglietto verde, ha scritto in un commento in prima pagina il quotidiano statale China Securities Journal, considerato un anticipatore di umori e mosse di politica monetaria della Banca centrale cinese. Sul mercato di Shanghai, la valuta cinese e’ salita a quota 6,3870 per dollaro, alla quotazione piu’ forte dal 1993. Attualmente, allo yuan e’ permesso di oscillare nel range dello 0,5% al giorno rispetto al tasso di parita’ centrale, ma, ha rilevato il quotidiano, la riforma avrebbe il potenziale ”di frenare le speculazioni sul rialzo della divisa cinese e i flussi di denaro speculativo”, pericoloso per la stabilita’ e la tenuta dell’economia cinese, sempre a rischio bolla. Le conseguenze negative per l’export, inoltre, sarebbero ridotte perche’ la Cina dipende meno che in passato dai mercati europei e americani. Non a caso, proprio oggi la Jetro, l’ agenzia nipponica per il commercio con l’estero, ha reso noto che il valore totale dell’interscambio tra Tokyo e Pechino ha raggiunto un valore record nei primi sei mesi 2011 di 163,15 miliardi di yen (+17,9%). La Cina, a questo punto, vale il 20,6% (+0,5%) del commercio internazionale del Giappone. Pechino ha deciso a giugno 2010 di lasciar apprezzare lo yuan nei confronti del dollaro, dopo due anni di surplace del fixing tra le due valute. Da allora, lo yuan si e’ rafforzato del 6,8%. Il 10 agosto, il Dipartimento delle dogane cinesi ha reso noto un surplus commerciale a luglio in robusta crescita, a 31.5 miliardi di dollari. Di riflesso, lo yuan ha avviato la sua risalita, sfuggendo progressivamente alla banda di fluttuazione. Il cambio di rotta sta anche nell’aumento dell’inflazione: la statistica di luglio ha dato conto di un preoccupante +6,5%, in netta accelerazione su giugno. In questo scenario, oltre alla alla stretta sui tassi per rallentare l’economia e ‘raffreddare’ la dinamica dei prezzi, c’e’ anche l’arma della rivalutazione dello yuan che rende meno onerose le importazioni.

fonte: ANSA

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Banca mondiale: fine re dollaro da 2025, su podio euro e yuan

In una economica internazionale che sulla spinta dei Paesi emergenti sarà sempre più “multipolare”, anche il sistema monetario vedrà tramontare la supremazia del dollaro. Che è già minacciata dall’euro, il rivale oggi “più credibile”. E che vedrà affermarsi anche, prima di altre monete delle economie emergenti, la valuta cinese Yuan-Renminbi. L’analisi è in un rapporto della Banca Mondiale (“Multipolarity: the new global economy”) che prevede, come ipotesi più probabile tra diversi scenari, il declino del ruolo predominante del dollaro e l’affermarsi di un sistema monetario “multi-valute” prima del 2025. Quando, dice la Banca Mondiale, le sei maggiori economie emergenti – Brasile, Cina. India, Indonesia, Sud Corea e Russia – contribuiranno per più di metà della crescita globale, ed il sistema monetario internazionale non sarà più dominato da una singola valuta”. “Al momento nessuna economia emergente ha una valuta usata nel sistema internazionale” mentre “il dollaro resta la principale valuta internazionale nonostante un lento ridimensionamento, dal 1990, delle riserve in dollari”. La moneta americana ha “seri rivali”, e tra questi “al momento l’euro è il più credibile”. Mentre guardando avanti, “con la crescita del contributo dei paesi emergenti all’economia globale, ed una loro partecipazione più attiva agli scambi commerciali e finanziari” è prevedibile che “le loro valute, e in particolare il renminbi cinese, inevitabilmente giocheranno un ruolo importante nello scenario finanziario internazionale”. La Banca Mondiale ipotizza così tre diversi scenari per il futuro del sistema monetario internazionale: il mantenimento dello status quo di centralità del dollaro, un sistema multi-valute, o un sistema che faccia riferimento come valuta internazionale principale agli Sdr (special drawing right, la valuta creata nel 1969 come unità di conto del Fondo monetario). Ma secondo il rapporto “il più probabile dei tre scenari è quello di un sistema multi-valute: l’attuale predominanza del dollaro dovrebbe finire prima del 2025 e dovrebbe essere sostituita da un sistema monetario nel quale dollaro, euro e lo yuan-renminbi vengano indistintamente utilizzate come valute internazionali pienamente sviluppate”.

fonte: ANSA

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Cina preme per globalizzazione Yuan

La Cina accelera gli sforzi per spingere lo yuan nei mercati mondiali, premendo per una sua maggiore globalizzazione. Lo riporta il Wall Street Journal, sottolineando che la banca centrale cinese sta “considerando attivamente” nuove regole che consentirebbero alle società occidentali e cinesi di emettere bond o titoli in yuan e investire i proventi in Cina senza doverli convertire in altre valute. Una maggiore domanda di yuan potrebbe rallentare la richiesta di dollari, aumentando i costi per tutti dal governo federale ai proprietari immobiliari. Un’ulteriore prova che Pechino starebbe riducendo la propria dipendenza dal dollaro è arrivata nelle ultime ore, con il commercio estero cinese che nel primo trimestre è stato condotto in yuan per il 7%, con un aumento dello 0,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

fonte: ANSA

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Bilancia in rosso in Cina per la prima volta in sette anni

La fiammata dei prezzi delle materie prime (petrolio, rame, ferro ma anche soia), considerata un vero e proprio rischio per la ripresa economica, pesa anche sulla bilancia commerciale cinese che, nel primo trimestre del 2011, ha registrato il primo deficit degli ultimi sette anni. Tra gennaio e marzo il rosso accumulato negli scambi tra la Cina e il resto del mondo è stato di 1,02 miliardi di dollari. Le esportazioni sono cresciute del 26,5% su base annua ma per le importazioni l’aumento è stato ancora maggiore e pari al 32,6% rispetto al primo trimestre 2010. L’Amministrazione centrale delle dogane ha spiegato il disavanzo proprio con il forte incremento dell’import: “il valore delle importazioni nel primo trimestre – ha sottolineato in un comunicato – ha raggiunto per la prima volta il valore record di 400 miliardi di dollari”. L’andamento della bilancia commerciale cinese rappresenta un indicatore politicamente estremamente sensibile a livello internazionale. Molti dei partner commerciali del Paese, a partire dagli Stati Uniti, sono infatti in pressing per un apprezzamento dello yuan, il cui scarso valore costituirebbe, a loro giudizio, un aiuto artificiale e sleale alle esportazioni di prodotti cinesi. Di fronte alle richieste americane, il premier Wen Jiabao ha annunciato più volte che la revisione della politica monetaria di Pechino dovrà essere graduale per mantenere la stabilità sociale all’interno della Cina, viste anche le spinte inflazionistiche degli ultimi mesi che potrebbero causare disordini. Secondo gli analisti, il deficit del primo trimestre è il segno di un primo riequilibrio, dovuto agli sforzi messi in pratica dal governo cinese che stanno dando i loro frutti più velocemente del previsto. In base alle le previsioni di Mizuho Securities Asia a fine 2011 la bilancia commerciale cinese registrerà un avanzo inferiore ai 150 miliardi di dollari, contro i 183 miliardi dello scorso anno e i 196 miliardi del 2009. La diminuzione sarà dovuta all’inevitabile aumento dei prezzi dei prodotti cinesi dovuto all’incremento del costo del lavoro nel Paese, alla crescita delle importazioni legate allo sviluppo della domanda interna e al rincaro delle materie prime.

fonte: ANSA

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La Cina alza i tassi di 25 punti base

La Banca centrale cinese ha alzato di 25 punti base i tassi sui depositi e sui prestiti ad un anno, portandoli rispettivamente al 3,25% e al 6,31%. Lo comunica l’ istituto centrale di Pechino, precisando che il rialzo sara’ effettivo da domani. La decisione e’ stata presa per contrastare il surriscaldamento dell’inflazione e scongiurare il rischio di bolle speculative. A marzo, il dato sarà pubblicato a breve, si teme un tasso di inflazione molto alto. Intanto il governo Usa e quello cinese lavorano insieme per rafforzare lo yuan sui mercati internazionali. Lo ha detto il Segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, davanti ad una Commissione del Senato oggi a Washington, secondo quanto riferisce Bloomberg.

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