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Sequestrati miliardi a collabratori Zhou Yongkang

Secondo nuove rivelazioni della stampa internazionale le autorità cinesi avrebbero sequestrato beni per 90 miliardi di yuan (10,5 miliardi di euro) a parenti e collaboratori di Zhou Yongkang, l’ex-capo dei servizi di sicurezza cinesi sotto inchiesta per corruzione. Il quotidiano Sydney Morning Herald riporta che circa 300 persone legate a Zhou sono state arrestate nei mesi scorsi. L’inchiesta contro Zhou è stata ordinata dal presidente e segretario comunista Xi Jinping che ha promesso di combattere la corruzione senza riguardo per i nomi e le posizioni dei sospetti. Alcuni osservatori ritengono che Zhou sia sotto attacco per ragioni politiche, dato che aveva apertamente appoggiato Bo Xilai, l’ex-nastro nascente della politica cinese condannato all’ergastolo per corruzione e abuso di potere. Zhou, 71 anni, ha fatto carriera nel settore petrolifero occupando posizioni di rilievo in varie imprese statali. In seguito, ha fatto parte del più importante organismo del Partito Comunista Cinese, il Comitato Permanente dell’Ufficio Politico (Cpup). Fino ad oggi nessun membro o ex-membro del Cpup è stato portato davanti alla magistratura.

fonte: ANSA

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Arrestato fratello ex capo sicurezza

E’ stato arrestato Zhou Yuanqin, fratello dell’ex zar della sicurezza cinese Zhou Yongkang. Lo riferisce il South China Morning Post. Secondo quanto afferma il quotidiano di Hong Kong l’uomo, insieme a sua moglie Zhou Lingying sono stati portati via dalla loro abitazione di Wuxi, nella provincia orientale del Jiangsu, lo scorso 1 dicembre da ”investigatori della disciplina provenienti da Pechino”.
Zhou Yuanqin è il fratello del più noto Zhou Yongkang che, in qualità di capo della sicurezza nazionale, dal 2007 al 2012 aveva accumulato un grande potere, gestendo un budget di 110 miliardi di dollari all’anno, persino superiore a quello dell’esercito e appunto fino al 2012 ha fatto parte del Politburo. Zhou Lingying, la moglie del fratello, era invece una azionista di maggioranza in una multinazionale nel settore automobilistico e, a quanto sembra, aveva anche rapporti di affari col figlio di suo cognato, Zhou Bin. La donna era inoltre anche coinvolta in affari nel settore petrolifero con una società affiliata alla società statale National Petroleum Corporation, un tempo guidata proprio da Zhou Yongkang. E sulla sorte di quest’ultimo è ancora mistero. Da mesi circolano su di lui voci di vario genere. Da dicembre si vocifera insistentemente che sia sotto indagine per corruzione e che l’indagine sia stata voluta dal presidente Xi Jinping anche se finora contro di lui non sono state formalizzate accuse. E proprio ieri un portavoce della Conferenza Consultiva del popolo, rispondendo a una specifica domanda di un giornalista del South China Morning Poast sull’argomento, non ha negato che ci siano delle indagini in corso sull’ex capo della sicurezza. In un articolo del Global Times, giornale abbastanza vicino al partito, si legge inoltre che ”le indagini non sono complete e quindi probabilmente non c’è ancora alcuna conslusione che possa essere annunciata al mondo”. Se l’accusa contro Zhou Yongkang venisse formalizzata sarebbe la prima volta che un dirigente di cosi’ alto rango, ex membro del Politiburo, è coinvolto in una inchiesta formale.Il fratello e la cognata di Zhou Yongkang non sono i soli suoi familiari ad essere stati coinvoti nelle indagini e nell’inchiesta. Sempre a dicembre anche il figlio di Zhou Yongkang, Zhou Bin e sua moglie Huang Wan, di passaporto americano, furono portati via dalla loro abitazione. Il padre di Huang, consuocero di Zhou Yongkang, è scomparso. Secondo le poche informazioni Zhou Yongkang sarebbe agli arresti domicilairi in attesa della conclusione dell’inchiesta a suo carico.

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Pechino stringe la morsa sulla “tigre” Zhou Yongkang

L’ultima indicazione che Zhou Yongkang, ex-responsabile dei servizi di sicurezza cinesi ed ex ‘zar’ dell’industria petrolifera, è caduto in disgrazia ed è sotto inchiesta per corruzione è l’arresto di due alti dirigenti della China National Petroleum Corporation (Cnpc), avvenuto nei giorni scorsi secondo fonti citate oggi dall’agenzia Reuters. Secondo le voci che dall’estate scorsa circolano su Internet sia Zhou Yongkang che suo figlio, Zhou Bin, sarebbero agli arresti domiciliari. Zhou, 71 anni, sarebbe il più alto dirigente cinese a finire in prigione negli ultimi tre decenni. Si ritiene che Zhou sia caduto in disgrazia per aver appoggiato in passato Bo Xilai, l’ex astro nascente del Partito Comunista Cinese condannato all’ergastolo per corruzione. E la lotta alla corruzione è la bandiera sotto la quale viene condotta l’epurazione dei dirigenti che sono schierati col presidente Xi Jinping che, un anno dopo essere salito al vertice della politica cinese, sta consolidando il suo potere su tutti i fronti. Tra l’altro, Xi ha imposto l’abolizione dei campi di ‘rieducazione attraverso il lavoro’ (i cosiddetti ‘laojiao’), che venivano gestiti dalla polizia. Secondo una denuncia diffusa oggi da Amnesty International, i ‘laojiao’ sarebbero stati sostituiti da prigioni ‘nere’, cioè segrete, e da un uso spregiudicato dei centri per la riabilitazione dei drogati. Annunciando la sua offensiva contro la corruzione, Xi aveva promesso che sarebbero state prese di mira sia le ”mosche” che le ”tigri”, intendendo dire che non avrebbe guardato in faccia a nessuno. E non ci sono dubbi sul fatto che Zhou sia una ”tigre”. Fino al 2012 era uno dei membri del Comitato Permanente dell’ Ufficio Politico (Cpup), il massimo organo dirigente del Partito e del Paese e controllava direttamente i servizi, la polizia e la magistratura. Sotto le sua direzione le spese per la sicurezza interna hanno superato per la prima volta quelle per la difesa. Pur essendo di fatto il leader della fazione ”di sinistra” o ”conservatrice” del Partito, Bo Xilai non e’ mai arrivato a una carica cosi’ alta – al momento del suo arresto, nella primavera del 2012, era segretario del Partito Comunista della metropoli di Chongqing ed era un semplice membro dell’ Ufficio Politico, il temuto Politburo. Zhou, che ha fatto fortuna lavorando nell’industria petrolifera, e’ diventato ministro della sicurezza pubblica nel 2003 e nel 2007 e’ entrato nel Comitato Permanente dell’ Ufficio Politico (Cpup), il massimo organo dirigente del Partito Comunista e del Paese. Con lui al timone, gli organi della sicurezza hanno costantemente accresciuto il loro potere. Secondo voci probabilmente fantasiose ma significative del clima che si e’ creato intorno agli avversari politici del presidente, Zhou sarebbe stato pronto nel 2012 ad organizzare una sorta di colpo di Stato per impedire l’ arresto di Bo Xilai. Il golpe sarebbe stato sventato, secondo le voci, dal tempestivo intervento dei fedeli di Xi Jinping.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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Mistero su ex capo sicurezza interna, forse arrestato

E’ mistero circa la sorte di Zhou Yongkang, potente capo della sicurezza interna cinese, un tempo molto vicino a Bo Xilai e scomparso da tempo dalle scene. Secondo voci che si ricorrono su internet, l’ex potente cinese sarebbe agli arresti per l’omicidio della sua ex moglie. Se fosse vero, sarebbe il secondo altissimo papavero della passata amministrazione statale cinese a cadere per questioni familiari che, probabilmente, nascondono cause politiche. Nei suoi confronti, secondo le voci che circolano, anche le accuse per un complotto per uccidere l’attuale segretario del partito e presidente cinese Xi Jinping. Secondo Radio Free Asia, che cita fonti di stampa taiwanesi, Zhou e sua moglie sarebbero di fatto agli arresti domiciliari. Zhou è stato ministro della pubblica sicurezza dal 2002 fino al 2012, entrando nel 2007 nel gruppo ristretto di coloro che guidano la Cina. Come responsabile della sicurezza interna, Zhou gestiva un budget superiore a quello dell’esercito del popolo.

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Censura su internet per partito ispirato a Bo Xilai

I principali siti e aziende internet cinesi quali Baidu, Qihoo, Sina e Tencent e i loro servizi di social network, stanno bloccando le ricerche correlate al nuovo partito politico, Zhi Xian, ispirato al leader di Chongqing caduto in disgrazia (e condannato al carcere a vita), Bo Xilai. “Ho creato questo nuovo partito – ha detto la sua fondatrice, Wang Zheng – perche’ questa società ha leggi ma non é guidato in base alla legge e questo é stato evidente nella gestione del caso Bo Xilai”. Wang ha annunciato la nascita del nuovo partito il 6 novembre, dandogli il nome “Zhi Xian” che significa “Suprema autorita’ della costituzione” ed ha invitato Bo Xilai, con una lettera inviata al suo legale (alla quale non é mai pervenuta risposta) ad esserne “presidente a vita”. “Considero il suo silenzio come un’approvazione” ha commentato Wang. Coinvolgere ed ispirarsi a Bo Xilai non é però stata considerata da tutti una buona idea. Persino alcuni strenui difensori ed amici di Bo, tra cui Sima Nan, hanno sottolineato come il nuovo partito sia solo “una farsa” a cui un comunista orgoglioso come Bo non avrebbe mai aderito. “Wang é una mia amica – ha commentato su twitter l’attivista Hu Jia – ma non comprendo il suo attaccamento a Bo Xilai”. Oltre al Partito comunista cinese, nel paese ci sono altri otto partiti che si rifanno ad esso e che sono nati prima della nascita della Repubblica. In teoria, la Costituzione cinese tutela la libertà di associazionismo e di espressione, ma di fatto ogni altro tentativo di nascita di un partito diverso, é stato soffocato dalle autorità.

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Archiviato in sol dell'avvenire, Taci, il nemico ci ascolta

Terremoto politico in Cina, nasce partito di Bo Xilai

Terremoto politico in Cina. Il comitato centrale del Partito Comunista Cinese, riunito da oggi a Pechino per una riunione di importanza cruciale, e’ stato apertamente sfidato dai seguaci di Bo Xilai, il leader caduto in disgrazia e condannato all’ ergastolo, che hanno annunciato la formazione di un nuovo partito. La sfida della sinistra comunista – della quale Bo Xilai era considerato il portabandiera – si aggiunge a quelle del terrorismo, del continuo peggioramento dell’ inquinamento atmosferico e del rallentamento della crescita economica, che avevano gia’ reso difficile il compito del vertice comunista. In un’intervista telefonica con l’ agenzia Reuters, Wang Zheng, un’ insegnante universitaria che gia’ in passato si era esposta sostenendo apertamente Bo, ha dichiarato che il nuovo partito si chiama Zhi Xian (letteralmente ”la Costituzione e’ l’autorita’ suprema”). Wang ha precisato che la formazione del partito e’ stata notificata alle autorita’ e ha sottolineato che si tratta di un’iniziativa ”legale e ragionevole”. Bo e’ stato nominato ”presidente a vita” del partito, e la decisione gli e’ stata comunicata con una lettera inviata al carcere di Qincheng, a nord di Pechino, dove sono detenuti i leader comunisti caduti in disgrazia. Bo Xilai, 64 anni, e’ stato travolto da uno scandalo all’ inizio del 2012, quando era segretario del Partito nella metropoli di Chongqing, dove si era conquistato una vasta popolarita’ con iniziative volte a ridurre le differenze sociali e rilanciando il culto di Mao Zedong, il fondatore della Cina comunista. La Costituzione cinese non parla della formazione di nuovi partiti e stabilisce la supremazia del Partito Comunista, definito ”unico partito al potere”. Pero’ esistono otto partiti ”democratici”, i cui rappresentanti sono membri dell’ Assemblea Consultiva del Popolo, uno dei due rami del ”Parlamento” cinese. Tutti questi partiti sono nati prima del 1949, l’anno nel quale il Partito Comunista ha conquistato il potere. Coloro che hanno creato partiti dopo quella data, come il fondatore del Partito Democratico Cinese Xu Wenli, sono stati perseguitati e incarcerati dal regime. La riunione di Pechino, il terzo ”plenum” del comitato centrale eletto nel 2012, dovrebbe indicare le principali linee di azione del governo per il prossimo decennio, che saranno basate sulla ”visione” del nuovo gruppo dirigente guidato dal presidente Xi Jinping e dal premier Li Keqiang. In un commento diffuso in serata, l’ agenzia Nuova Cina sottolinea che il cc sta discutendo di un documento sui ”principali problemi che riguardano un generale approfondimento delle riforme”. Questo significa, precisa l’ agenzia, che le riforme economiche saranno ”piu’ sistematiche, integrate e coordinate”. Il documento del quale il cc sta discutendo e’ stato elaborato dal Development Research Centre di Pechino e copre otto aree nelle quali sono necessarie riforme: finanza, sistema fiscale, terra, proprieta’ statali, assistenza sociale, innovazione, investimenti stranieri e amministrazione della cosa pubblica. Fonti del Partito sottolineano che si tratta solo di ”raccomandazioni” che devono essere discusse. Il plenum si protrarra’ fino 12 novembre, quando verranno annunciate le decisioni.

fonte: Beniamino Natale per Ansa

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Bo XIlai presenta appello a sentenza di ergastolo

Bo Xilai, l’ex capo del partito di Chongqing condannato all’ergastolo per corruzione, ha presentato appello davanti all’Alta Corte della provincia dello Shandong. Lo riferisce la stampa locale. Bo è stato condannato all’ergastolo il 22 settembre scorso per corruzione, abuso di potere e appropriazione indebita. Già nei giorni immediatamente successivi alla condanna si erano diffuse voci circa la volontà dell’ex politico di fare appello contro la sentenza da lui definita ingiusta. Durante le udienze Bo Xilai ha cercato di scardinare le accuse a suo carico e confermate anche dalle testimonianze della moglie, Gu Kailai, in carcere per l’omicidio dell’uomo d’affari britannico Neil Heywood. Accuse che erano state confermate anche dal suo ex braccio destro, il super poliziotto Wang Lijun, condannato a 15 anni per tradimento, per aver accettato tangenti per un valore di oltre tre milioni di yuan, per abuso di potere e uso della legge a fini personali.

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Bo Xilai vuole chiede l’appello alla sentenza di condanna

Secondo voci che si stanno rincorrendo su internet, Bo Xilai, l’ex papavero cinese condannato ieri all’ergastolo, ha presentato appello alla sentenza. Anche se mancano conferme ufficiali, la voce si sta facendo insistente. Sin da prima che il tribunale emettesse la sentenza di condanna per corruzione, abuso di potere e appropriazione indebita, si erano diffuse le voci che l’ex segretario del partito di Chongqing, di Dalian, ex ministro del commercio cinese ed ex governatore del Liaoning, avrebbe presentato ricorso se condannato. Alla fine della lettura della sentenza, ieri mattina dinanzi alla corte Intermediate di Jinan, nella provincia orientale dello Shandong, un portavoce del tribunale aveva detto che Bo Xilai non aveva espresso pubblicamente il desiderio di ricorrere. Secondo la legge cinese, il condannato ha dieci giorni di tempo per proporre appello.

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Mano dura contro Bo Xilai, prigione a vita

E’ stata una corte della città orientale di Jinan, nella provincia dello Shandong, a scrivere la parola fine alla saga di Bo XIlai, uno dei più potenti e più in vista uomini politici in Cina negli ultimi anni, uno di quelli destinati, a detta dei più, ad occupare posti di rilievo nel gotha della politica cinese. Con una sentenza all’ergastolo (che molti osservatori cinesi e internazionali dicono scritta dai vertici del Partito Comunista Cinese), che somma il carcere a vita per corruzione a 15 anni per appropriazione indebita e a 7 per abuso di potere, è stato messa, per ora, la parola fine al “processo del secolo”, l’ultimo atto della storia più scabrosa che ha scosso la Cina da decenni, probabilmente la più seria dal punto di vista politico dal 1976, da quando Jiang Qing, vedova di Mao Zedong, fu arrestata insieme ai suoi sodali della Banda dei quattro per essere poi processata tra il 1981 e il 1982. Una storia di tradimenti, di tangenti, di omicidi, di politica, che potrebbe sembrare uscita dalla penna del miglior scrittore di gialli se non fosse vera. Dinanzi a 116 selezionate persone, tra le quali il primo figlio di Bo Xilai e due suoi fratelli, il presidente della corte, Wang Xuguang, ha detto che il 64nne ex papavero cinese ha “gravemente danneggiato gli interessi del paese e del popolo, avendo commesso seri crimini”. Concetto espresso più tardi anche in un editoriale dell’organo del partito, che uscirà domani ma che è stato anticipato a grandi linee in serata dall’agenzia Nuova Cina, secondo il quale “condannando Bo Xilai in ossequio alla legge si rispetta pienamente il principio che nessuno è esentato dalla disciplina del partito e dalla legge nazionale e chiunque sia involto in faccende di questo tipo deve essere indagato e severamente punito secondo la legge”. In queste parole, anche il senso politico della condanna a Bo Xilai, ultima e più importante vittima della campagna anti corruzione voluta dal presidente Xi Jinping (altro principino rosso). Corruzione che, come ricorda l’editoriale del Quotidiano del Popolo, “è ancora dilagante e viene nutrita fortemente sul territorio”. La sentenza è stata mediatica, doveva colpire la gente, far capire che con il partito e i suoi valori non si scherza: la corte ha annunciato i fatti salienti della condanna sul suo account di Sina Weibo, il Twitter cinese, dove ha postato anche le foto di Bo Xilai in pantalone nero e camicia bianca, in manette tra due poliziotti. La televisione di stato, ha seguito a fondo l’evento. Bo ha fatto di tutto per difendersi. Nei cinque giorni di processo dal 22 al 26 agosto scorsi, ha accusato i suoi accusatori: sua moglie Gu Kailai (all’ergastolo per l’omicidio dell’uomo d’affari britannico Neil Heywood) in primis, dicendo che è pazza; il suo ex braccio destro e primo accusatore Wang Lijun, dicendo che aveva suoi interessi e che era l’amante di sua moglie; smentendo la confessione che aveva fatto ammettendo alcune accuse, dicendo di averla fatta solo dietro torture. I giudici hanno negato tutte queste circostanze e lo hanno ritenuto colpevole di aver intascato 20,44 milioni di yuan (2,5 milioni di euro) di tangenti in soldi e beni: 1,1 milioni direttamente lui, il resto tramite sua moglie. Tra questi, anche una lussuosa villa nel sud della Francia. Bo si sarebbe anche appropriato di 5 milioni di yuan di denaro pubblico, mentre sua moglie e suo figlio (che studia negli Usa) avrebbero avuti centinaia di milioni in viaggi. Nei prossimi dieci giorni Bo può presentare appello e fra 13 anni potrebbe uscire comunque sulla parola. Per intanto, si aprono per lui le porte della prigione di Qincheng a Pechino, considerato un albergo a cinque stelle, che ospita altri ex esponenti dell’establishment cinese e che ha ospitato anche la vedova di Mao. In una cella singola di 20 mq, con bagno, alti soffitti, finestre e riscaldamento, Bo non sarà costretto a vestire con il “pigiama a righe” e potrà, secondo quanto è scritto su Sina, avere latte al mattino e una selezione di zuppe e pasti per pranzo e cena. Dopotutto, è un principino.

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Processo a Bo Xilai celebrato anche su internet

Ridda di reazioni sulla rete a commento della sentenza di condanna all’ergastolo per Bo Xilai, l’ex papavero e principino rosso, ritenuto colpevole di appropriazione indebita, corruzione e abuso di potere. La censura cinese si e’ allentata in quello che forse è il primo vero processo via internet della storia cinese, dal momento che la stessa corte di Jinan dove si è celebrato il processo, ha aperto un suo account su Sina Weibo (il Twitter cinese) pochi giorni prima che cominciassero le udienze il 22 agosto, attirando migliaia di followers. Se prima infatti era quasi impossibile trovare o trasmettere notizie e tweet sull’ex segretario del partito di Chongqing, oggi si sono scatenati tutti. In tantissimi hanno seguito i tweet che la corte inviava nei momenti salienti della lettura della sentenza e ha fatto impressione a tutti la foto postata sullo stesso profilo nella quale Bo Xilai è in manette. Ma online, Bo continua ad avere proseliti, i supporter del suo populismo sono ancora tanti. “Io non conosco la politica – ha scritto Shuang – ma gli credo. Ha fatto bene, ci ha fatto stare tutti bene”. Altri invece ironizzano sulla pensione dorata nella quale Bo è destinato: una stanza ad un letto di 20 mq con bagno riservato nel carcere di Qincheng a Pechino, considerato un hotel 5 stelle per i potenti. Nella stessa prigione, infatti, furono rinchiusi la vedova di Mao Zedong e la banda dei quattro, tra gli altri. “Non credo verrà trattato come un normale prigioniero”, ha scritto Liu. “Se mi dovete arrestare, mandatemi nella stessa sua prigione – scrive Tuyihuakai – vorrei servire lui acqua e té, fare qualsiasi cosa, io lo rispetto. Non avrò mai pentimenti per quello che farò per lui, finchè campo”. Qualcuno ipotizza che in galera ci resterà poco. “Anche se la legge dice che fra 13 anni potrà uscire sulla parola – scrive Zhang Yu – immagino che con qualche escamotage sulla salute lo faranno uscire prima”. Parla di sentenza non inaspettata Chen Youxi, presidente del Jing Heng law Group, uno dei più importanti penalisti cinesi. “Non è stata una sorpresa. Dal punto di vista procedurale, è stato un processo aperto, oggettivo, anche se ci sono problemi nel sistema di gestione e in quello penale. Non credo che la sentenza possa fermare la corruzione, che cresce rigogliosa”.

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