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Pechino smentisce vendita di armi a ribelli birmani

La Cina ha respinto oggi le accuse di aver fornito armi ai ribelli kachin birmani, che stanno combattendo contro l’ esercito di Yangoon non lontano dalla frontiera tra Cina e Birmania. Pechino, ha sostenuto il portavoce del ministero degli esteri Hong Lei, ha svolto ”un ruolo costruttivo” per riportare la pace in Birmania (conosciuta anche come Myanmar). Hong ha ricordato che la Cina ”ha sempre insistito sulla necessita’ di una soluzione pacifica del conflitto nel Myanmar attraverso il dialogo e i negoziati”. Il governo birmano ha annunciato una tregua la settimana scorsa ma testimoni hanno riferito che i combattimenti tra esercito e milizie kachin sono ancora in corso. Gli scontri avvengono lungo la frontiera tra i due Paesi, che e’ lunga oltre duemila chilometri.

fonte: ANSA

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Al via a maggio oleodotto da Medio Oriente via Birmania

L’oledotto che dal sud della Birmania porterà il petrolio proveniente dal medio oriente in Cina, sarà operativo dal prossimo maggio “se tutto andrà come previsto”. Lo ha affermato il viceministro degli Esteri cinese Fu Ying nel corso di una visita in Birmania (o Myanmar). L’oleodotto, lungo 1.200 km, collegherà il porto birmano di Kyaukpyu alla città di Ruili, nella provincia cinese dello Yunnan e sarà in grado di trasportare 22 milioni di tonnellate di petrolio e 12 miliardi di metri cubici di gas naturale all’anno, secondo la stampa cinese. Kyaukpyu, secondo le previsioni, diventerà uno dei punti di arrivo del petrolio acquistato dalla Cina in Medio Oriente. Le relazioni tra la Cina e il Myanmar attraversano un momento difficile, dopo che Naypyidaw ha lanciato un programma di riforme politiche che ha portato ad un miglioramento delle sue relazioni con l’ Occidente, come testimoniato dal recente visita del presidente americano Barack Obama. L’espressione “se tutto andrà come previsto” viene interpretata come un segnale che il completamento del progetto, il cui costo stimato è di 2,5 miliardi di dollari, potrebbe subire ritardi.

fonte: ANSA

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Ambasciatore cinese in Myanmar incontra Aung San Suu Kyi

L’ ambasciatore cinese in Birmania ha incontrato la leader dell’ opposizione e premio Nobel per la pace Aug San Suu Kyi. Lo ha detto oggi il portavoce del ministero degli esteri Liu Weimin in una conferenza stampa a Pechino. Liu ha affermato che l’ incontro è stato richiesto dalla stessa Suu Kyi, per “esporre” all’ ambasciatore le proprie idee. Due settimane fa la leader del’ opposizione birmana aveva ricevuto il segretario di Stato americano Hillary Clinton, un incontro visto con preoccupazione da Pechino, che teme di rimanere emarginata nel caso di un avvicinamento della Birmania all’ occidente, reso possibile dalla politica di riforme iniziata dal nuovo presidente Thein Sein, entrato in carica a marzo. Le iniziative del nuovo presidente hanno portato al ritorno alla partecipazione alla vita politica della Lega nazionale per la democrazia, il partito di Aung San Suu Kyi. Il portavoce ha anche annunciato che la prossima settimana la Cina sarà rappresentata al vertice dei paesi che si affacciano sul Mekong, che si terrà in Birmania, dal consigliere di Stato Dai Bingguno e non, come era stato annunciato in un primo momento, dal premier Wen Jiabao. Liu Weimin non ha spiegato le ragioni del cambiamento.

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I piccoli si incazzano con la Cina: Birmania ferma la diga cinese dopo proteste popolari

L’enorme diga di Myitsone era uno dei progetti simbolo dell’influenza cinese in Birmania, catalizzatore di un crescente malcontento: proprio ”perche’ contrario alla volonta’ del popolo”, il presidente Thein Sein ha annunciato oggi che la costruzione dell’impianto sul fiume Irrawaddy sara’ sospesa. Un dietrofront politico che rappresenta il segnale piu’ forte di una nuova volonta’ ”riformista” da parte del governo civile uscito dalle elezioni del novembre 2010, da molti sminuite come una facciata democratica del vecchio regime. ”Abbiamo l’obbligo di rispondere alle preoccupazioni popolari con serieta’. Percio’, sospenderemo il progetto Myitsone durante il mio mandato”, ha detto Thein Sein – numero due nell’ex giunta militare – per mezzo di un messaggio letto dal presidente del Parlamento nella capitale Naypyidaw. Solo poche settimane fa, il ministro responsabile aveva invece assicurato che i lavori sarebbero proseguiti. La leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, che si era unita al coro di proteste contro la diga, ha definito ”molto buono che il governo ascolti la voce della gente”. L’impianto da 3,6 miliardi di dollari, una joint venture birmano-cinese la cui costruzione era gia’ avviata, sarebbe dovuto essere pronto entro il 2019 nello stato settentrionale Kachin, nel punto in cui due corsi d’acqua si congiungono per formare l’Irrawaddy, spina dorsale e simbolo del Paese. I gruppi ambientalisti avevano rimarcato i rischi all’ecosistema e all’agricoltura a causa del progettato bacino grande quanto Singapore, senza contare le 12 mila persone gia’ espropriate in 63 villaggi. Negli ultimi mesi, nell’area le milizie etniche Kachin avevano ingaggiato scontri con l’esercito, riuscendo a rallentare i lavori. Il fatto che il 90 per cento dell’elettricita’ prodotta sarebbe stata destinata alla Cina, in una regione in cui la corrente e’ un lusso, alimentava il malcontento. Altre misure distensive introdotte da Thein Sein gli avevano gia’ fatto guadagnare la fama di ”riformista”. Restrizioni alla navigazione su Internet sono state tolte, cosi’ come sono spariti gli slogan contro i media stranieri sui giornali; il nuovo presidente ha inoltre invitato i dissidenti all’estero a tornare in patria. Senza contare le recenti aperture a Suu Kyi, dopo il suo rilascio da sette anni di arresti domiciliari: un mese fa il premio Nobel per la Pace – tradizionalmente ignorata dalla giunta – e’ stata ricevuta da Thein Sein in persona, e oggi ha parlato dopo il terzo incontro in due mesi col ministro che tiene i rapporti con lei. Serviranno pero’ altre conferme – nelle carceri rimangono ancora 2 mila prigionieri politici – per capire se il vento e’ davvero cambiato. Una ”sospensione” del progetto nel mandato di Thein Sein (che scade nel 2015) non significa necessariamente la sua cancellazione; inoltre, altre 11 dighe minori sono in progettazione sull’Irrawaddy. Non e’ neanche chiaro quali siano gli accordi con la Cina, che finora ha taciuto sull’annuncio di oggi. La Birmania, nei piani di Pechino, e’ uno stato chiave per l’accesso all’Oceano Indiano e la diversificazione dei suoi approvvigionamenti energetici: un oleodotto e un gasdotto sono gia’ in costruzione. E pur concedendo a Thein Sein l’etichetta di riformista, non mancano le tensioni con l’ala piu’ conservatrice del regime: dall’esito di questa battaglia interna dipenderanno i prossimi sviluppi.

fonte: ANSA

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