Venezia invasa dai cinesi. Ma per una volta, non si tratta dei pur necessari turisti, dei nuovi ricchi che fanno incetta di Made in Italy nei negozi. Sono i 188 fra artisti e membri di gruppi che hanno dato vita, a partire dalla Post-Avanguardia degli anni ’80-’90, al movimento dell’arte non ufficiale o indipendente in Cina e che sono raccolti nel padiglione ‘Voice of the Unseen’ curato da Wang Lin. A questi si uniscono gli artisti del paese del dragone presenti nel padiglione nazionale (Transfiguration, curato da Wang Chunchen), quelli degli altri eventi speciali come la personale dell’artista-dissidente Ai Weiwei (Disposition, evento diviso in due sedi), del poliedrico artista shanghainese Simon Ma (Ink Brush Heart, XiShuangBanNa), della collettiva degli artisti Culture Mind Becoming, degli artisti presenti nella rassegna ‘Passage to History: Twenty Years of La Biennale di Venezia and Chin ese Contemporary Art’, quelli presenti nella collettiva ‘The Grand Canal’. Un elenco sicuramente con definitivo, che non considera artisti ospitati in altre collettive o le rassegne di artisti taiwanesi e di Hong Kong. Ma segno certamente di un interesse sempre maggiore che il mondo dell’arte contemporanea sta rivolgendo alla Cina, ai suoi movimenti, ai suoi cambiamenti, alle sue visioni, tradotte nella maggiore presenza, in numero, di artisti cinesi alla kermesse veneziana. Nel paese del dragone si moltiplicano le esperienze come quella della strada degli artisti Moganshan di Shanghai o il distretto dell’arte 798 di Pechino, senza contare i nuovi spazi che si vanno ad aprire mano mano come gallerie. Ma soprattutto il centro espositivo di arte contemporanea di Shanghai ospitato nell’ex centrale elettrica sul fiume HangPu (che durante l’Expo del 2010 era il Padiglione del Futuro e ora é diventato lo Shanghai Contemporary Art Museum), dove si è tenuta la nona biennale di Shanghai, chiusa da poco e che si sta accreditando come uno degli appuntamenti più importanti al mondo sull’arte contemporanea e la sezione sulle città (curata dall’italiano Davide Quadrio) uno dei più accattivanti. Il rapporto con l’Italia è strettissimo: numerosa in Cina la presenza di gallerie d’arte italiane, ma soprattutto importanti riconoscimenti per curatori italiani come lo stesso Quadrio e Massimo Torrigiani, chiamato da anni a curare la fiera d’arte contemporanea di Shanghai, anche quest’anno che la SH Contemporary ritornerà nelle mani dei cinesi. E se fino ad ora proprio sulla direttrice Pechino-Shanghai si era giocata l’esclusività dell’arte contemporanea cinese, da qualche tempo anche nelle altre città si stanno sviluppando idee e luoghi, anche perché questo rimane ancora uno dei campi nei quali la pesante censura opera poco, lasciando, non è chiaro quanto inconsapevolmente, libertà espressiva agli artisti. Rispetto infatti ad altre forme d’arte, sono pochi i casi fino ad ora nei quali le autorità sono intervenute a censurare opere (a parte il caso Ai Weiwei). L’ultimo ad esserne interessato è stato Andy Warhol, la cui mostra a Shanghai è stata privata dei ritratti di Mao. La presenza veneziana, con artisti cinesi da tutto il mondo, mostra proprio questa poliedricità di provenienze come di temi: si va dalle critiche di regime di Ai WeiWei (che a Hong Kong ha appena presentato un’opera sulla guerra del latte in Cina e a Venezia presenta un’opera sulla sua detenzione arbitraria dell’anno scorso) al ritorno alla natura di Simon Ma, alla molteplicità di temi tra tradizione, innovazione e globalizzazione dei numerosi artisti cinesi presenti. Ma l’arte contemporanea cinese è sicuramente anche un business: nel 2011 la Cina è diventata il secondo mercato mondiale dell’arte e delle antichità, con una quota del 23% del mercato dell’arte mondiale, seconda solo agli Stati Uniti (34%). Nelle aste internazionali così come nelle gallerie, gli artisti cinesi sono oramai una presenza costante. E aumentano anche i collezionisti cinesi.
Archivi tag: biennale di venezia
Documentario italiano sulla biennale d’arte di Shanghai
L’arte contemporanea in Cina e’ la protagonista del documentario girato per Babel (canale di Sky) da Alessandra Galletta, presentato stasera a Shanghai, in occasione della chiusura della Biennale di Shanghai. Il documentario e’ stato girato sulla nona Biennale della capitale economica cinese e del progetto del padiglione delle citta’, curato da Davide Quadrio. Una mostra diventata un punto di riferimento in Cina e che presto sara’ presente anche alla Biennale di Venezia, che ha attirato un numero incredibile di visitatori. Ospitata nella ex centrale elettrica sul fiume HangPu (che durante l’Expo del 2010 era il Padiglione del Futuro e ora e’ diventato lo Shanghai Contemporary Art Museum), la nona biennale di Shanghai si sta accreditando come uno degli appuntamenti piu’ importanti al mondo sull’arte contemporanea e la sezione sulle citta’ uno dei piu’ accattivanti. Da qui la decisione di girare il documentario presentato in esclusiva stasera a Shanghai da Beatrice Coletti, direttore di Babel. Alla manifestazione ha partecipato anche l’ambasciatore italiano in Cina Alberto Bradanini, alla sua prima visita a Shanghai da rappresentante in Cina del governo italiano e del console italiano a Shanghai Vincenzo de Luca. ”La presenza italiana in Cina – ha detto Bradanini – e’ qualificata non solo grazie alle importanti aziende, ma anche dai professionisti della cultura italiani. Segno della storica e importante relazione culturale che lega a filo doppio l’Italia e la Cina”. Al temine della serata, il compositore e musicista Roberto Paci Dalo’ ha rivisitato la canzone Ye Shanghai, famoso brano cinese degli anni ’30, che ha dato anche il titolo alla serata conclusiva della biennale.
Archiviato in Vita cinese
A Venezia performance per la libertà di Ai Weiwei
Una performance per la libertà e i diritti civili riferita alla prigionia dell’artista cinese Ai WeiWei, con semi di girasole sparsi all’interno di una scultura in cui Cina e Occidente, simboleggiate da due figure femminili, si fronteggiano in un delicato confronto: l’ha attuata l’artista italiana Resi Girardello nel padiglione alternativo degli artisti cinesi indipendenti curato da Wang Lin e Gloria Vallese. “Era previsto inizialmente che all’azione prendessero parte in coppia la Girardello e una performer cinese – ha spiegato la curatrice Vallese – ma si è deciso poi di limitare i rischi per l’artista asiatica rinunciando alla sua partecipazione”. Il titolo dell’evento collaterale della 54/a Biennale d’arte di Venezia dove ha avuto luogo la performance è ‘Cracked culture? The quest for identity in contemporary chinese art’. I semi di girasole alludono ad Ai WeiWei, che nel 2010 ha presentato alla Tate Modern di Londra un’installazione composta da un milione di semi di girasole in porcellana realizzati e dipinti a mano da 1600 artigiani cinesi nella città di Jingdezhen, l’antica capitale della porcellana cinese. Ai WeiWei é stato prelevato dalla polizia cinese il 2 aprile scorso e da allora, nonostante la vasta reazione dell’opinione pubblica mondiale, non si hanno più sue notizie. L’opera su cui è stata ambientata la performance è ‘Vanas’, nella quale Girardello si ispira alle cineserie in uso nel Settecento europeo, “opere d’arte decorativa – spiega Vallese – che parlavano dell’estremo Oriente mescolando dettagli reali a strampalati motivi di fantasia: l’insieme in apparenza lezioso di ‘Vanas’, con due dame in altalena, rivela dettagli inquietanti: nidi di vespe, pelli di serpente, zampette di uccello, mentre il titolo è la radice sanscrita da cui derivano sia ‘vanita” che ‘Venere'”. La tecnica impiegata, caratteristica delle opere dell’artista, consiste nel lavorare in modo tipicamente femminile, all’uncinetto, fili metallici di rame, ottone, ferro.
fonte: ANSA
Archiviato in Diritti incivili