Le autorità cinesi hanno confermato stamattina le indiscrezioni diffuse ieri secondo le quali l’autorità antitrust cinese sarebbe pronta a punire Fca per pratiche anti monopolio messe in atto da Chrysler. Lo annuncia l’agenzia Nuova Cina. Li Pumin, portavoce della National Development and Reform Commission (NDRC), ha specificato che l’indagine sulla Chrysler è stata lanciata dalla commissione per lo sviluppo e le riforme della municipalità di Shanghai ed è prossima alla fine, con la certezza di una pena che non è stata ancora annunciata. In un’altra indagine, messa in essere dall’ufficio provinciale dell’Hubei, è invece sotto inchiesta e prossima ad una condanna l’Audi, mentre il Jiangsu sta investigando sempre per pratiche anti monopolio la Mercedes. La Ndcr è una delle tre agenzie antitrust del governo cinese e si occupa soprattutto del controllo e della regolamentazione delle pratiche monopolistiche legate ai prezzi. Nei confronti di Chrysler, l’accusa ruota intorno ai prezzi delle parti di ricambio e dei servizi di assistenza offerti dalle concessionarie. L’azienda americana di proprietà di Fiat ha annunciato che abbasserà il prezzo di vendita di alcune auto e di alcuni pezzi di ricambio, del 20%, come riconoscenza nei confronti del sostegno da lungo tempo offerto dai compratori cinesi ai marchi dell’azienda nella terra del dragone, Jeep, Chrysler e Dodge, specificando anche che la decisione viene anche incontro alle richieste degli investigatori cinesi anti monopolio.
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Presto Fca-Chrysler condannata in Cina per pratiche monopolistiche
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Anche Mercedes indagata in Cina per pratiche anti monopolio
Dopo la Microsoft, anche un’altra grande azienda straniera, la Mercedes-Benz è indagata dalle autorità cinesi per presunte violazioni alle leggi del monopolio. Lo riferisce la stampa di Pechino. Investigatori dell’autorità cinese antitrust, la National Development and Reform Commission, hanno effettuato ieri una visita a sorpresa negli uffici di Shanghai del colosso automobilistico tedesco, sequestrando documenti, file e computer. Quasi tutto lo staff è stato posto ad interrogatorio così come la dirigenza, tenuta per molte ore sotto interrogatorio fino a tarda sera. Secondo indiscrezioni, nel mirino degli investigatori c’è il prezzo delle auto che la Mercedes-Benz ha imposto alle dealership in Cina e le politiche dei prezzi dell’azienda. Sotto pressione della stessa autorità cinese, la Mercedes è stata la prima a ridurre i costi del post-vendita per tutti i suoi modelli dal primo luglio scorso, tagliandolo del 20% per la maggior parte dei suoi modelli fino al 50% per alcuni. Domenica la casa di Stoccarda ha annunciato che taglierà del 15% il prezzo dei pezzi di ricambio dal primo settembre.
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Cina a Microsoft: non interferisca in indagine anti monopolio
Il governo cinese ha intimato alla Microsoft di non interferire nell’inchiesta anti monopolio in corso sulla società americana, richiamandola al rispetto delle leggi. Lo scorso 29 luglio in un comunicato la Saic, l’Amministrazione statale cinese per l’industria e il commercio, aveva precisato che le indagini sono iniziate nel giugno dell’anno scorso e che finora non è stato possibile cancellare il sospetto che la compagnia non abbia rispettato le regole basilari del commercio. Perquisizioni sono state effettuate nelle sedi cinesi della società di Redmond a Shanghai, Guangzhou e Chengdu, mentre è cominciato l’interrogatorio nei confronti del vice presidente della società americana, Mary Snapp. In maggio, le autorità avevano annunciato il divieto per gli uffici pubblici di usare Windows 8, il più recente sistema operativo elaborato dalla compagnia americana. Ma, nonostante il braccio di ferro tra Microsoft e il governo cinese, l’azienda americana ha annunciato l’uscita in Cina il 23 settembre della consolle Xbox One, la prima consolle per videogiochi legalmente disponibile nel paese asiatico dopo la messa al bando di questi prodotti nel 2000.
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Aziende americane in Cina frustrate da censura e inquinamento
Le aziende americane frustrate dalla Cina: le indagini lanciate dal governo di Pechino, la censura su internet e l’inquinamento sono le maggiori sfide che le imprese statunitensi si trovano ad affrontare nel paese. E’ quanto emerge – riporta il Financial Times – da un’indagine, presentata dalla camera di commercio americana in Cina. L’80% delle aziende interpellate, piu’ di 360, affermano che i loro ricavi sono aumentati leggermente o sono scesi nell’ultimo anno. ”L’attuale modello economico della Cina e’ sotto stress. I tassi di crescita stanno rallentando, i costi sono in aumento, i margini in calo e alcuni piani di investimento sono stati ritirati” afferma Mark Duval, presidente della Camera di commercio americane in Cina. Da quando gli effetti del maxi piano di stimolo varato da Pechino sono iniziati a svanire nel 2012, la percentuale delle aziende americane iscritte alla camera di commercio che hanno riportato ”sostanziali” aumenti dei ricavi sono scese dal 41% al 23%. ”Stiamo ancora registrando guadagni ma questi sono meno aggressivi che in passato. Le nostre aziende non inseguono la crescita ma cercano di gestire quello che hanno” aggiunge Duval. Le difficolta’ delle aziende americane sono legate alle indagini avviate dal governo, all’inquinamento e alla censura di internet. Nell’ultimo anno la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme in Cina ha avviato una serie di indagini nei confronti di aziende americane in vari settori, dai prodotti per bambini alle apparecchiature per le comunicazioni. Il 40% delle aziende interpellate nell’indagine ritiene che il governo cinese con le sue indagini abbia preso di mira deliberatamente le aziende straniere. A questo si aggiunge il fatto che il 55% delle aziende americane in Cina ritiene che la censura su internet ha un effetto negativo sulle loro attivita’. Piu’ della meta’ delle imprese interpellate ammette difficolta’ nelle assunzioni di manager per l’inquinamento nelle maggiori citta’ cinesi.
fonte: ANSA
Contratto di AnsaldoBreda in Cina nel settore ferroviario
AnsaldoBreda e Sic (Chonqing Chuany Automation Co. Limited) hanno costituito oggi, a Chongqing in Cina, una joint venture per realizzare una grande partnership ferroviaria che operera’ sul mercato cinese. Lo rende noto AnsaldoBreda, spiegando che l’obiettivo dell’accordo e’ la produzione, lo sviluppo e la commercializzazione del sistema elettrico di trazione, dei servizi ausiliari e del sistema Tcms (train monitoring control system) per metropolitane di tipo B, con conducente. La formalizzazione dell’intesa e’ avvenuta a Chonqing alla presenza, fra gli altri, dell’ambasciatore italiano a Pechino Angelo Bradanini. La firma e’ stata apposta da Maurizio Manfellotto, amministratore delegato, e da Xiang Xiaobo, General Manager di Silian, la societa’ corporate di Sic. La joint venture ferroviaria ha un capitale sociale di 6,3 milioni di euro e vede la compartecipazione al 50% di AnsaldoBreda e Sic. ”Il mercato dell’Oriente, e quello cinese in particolare – ha dichiarato Manfellotto – rappresenta un potenziale bacino molto vasto per il nostro Gruppo. L’accordo odierno, dopo quello dell’autunno scorso con la Cnr per i tram Sirio, sta a significare due cose: la prima, che l’affidabilita’ della nostra tecnologia e’ ai massimi livelli. La seconda, che l’esperienza e i sistemi progettuali di AnsaldoBreda vengono considerati tra i migliori del mondo”.
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Starbucks invade la Cina, vuole che diventi il suo secondo mercato
Starbucks alla conquista della Cina: mentre si reinventa negli Stati Uniti per rafforzarsi e cerca di affermarsi in Europa, la popolare catena di caffetterie guarda alla Cina, che punta a far diventare il suo secondo maggior mercato triplicando i punti vendita, fino a 1.500 nel 2015. La conquista della Cina passa – secondo Starbucks – per le piccole citta’. ”Vediamo molte opportunita’ di crescita” afferma John Culver, numero uno per la Cina e l’Asia, in un’intervista a Bloomberg, nella quale sottolinea che gli affari, soprattutto nelle citta’ piu’ piccole, procedono a gonfie vele. Adesso Starbucks vuole posizionarsi per approfittare al meglio del boom del mercato del caffe’ e delle caffetterie in Cina che, secondo le stime di Euromonitor International, crescera’ del 55% nel 2015 a 4,5 miliardi di yuan (714 milioni di dollari) a fronte dei 2,9 miliardi di yuan del 2011. Un mercato quindi in crescente espansione, nel quale Starbucks vuole confermare e se possibile consolidare la propria posizione di leadership assoluta: nel 2010 ne controllava infatti il 66,3%. La Cina diventera’ cosi’ il secondo mercato di Starbucks nel 2014 dopo gli Stati Uniti, dove il colosso delle caffetterie si reinventando il proprio modello di business, spingendosi oltre il caffe’. Starbucks ha di recente aperto il suo primo ‘juice-bar’, il primo punto vendita solo per succhi di frutta, con il quale punta a rafforzare la propria posizione nel settore del cibo salutare, un mercato che da solo vale 50 miliardi di dollari. Nella strategia globale di Starbucks l’Europa resta indietro, con la catena che ha difficolta’ ad affermarsi nel continente che ha inventato il caffe’, dove pero’ dominano, soprattutto nei paesi latini, i bar ed il caffe’ espresso, piuttosto che il caffe’ lungo della tradizione americana. Il problema – secondo gli osservatori – e’ quindi soprattutto culturale: in Europa si va al bar, si consuma al banco o ci si siede per qualche minuto. Un’idea quindi diversa rispetto al consumo di caffe’ negli Usa, bevuto per la maggior parte in grandi bicchieri di carta per strada. Per questo Starbucks ha avviato una profonda revisione dei suoi punti vendita europei, per renderli piu’ accoglienti e in grado di soddisfare il diverso palato, anche in termini di bevande, con l’espresso che domina rispetto al caffe’ americano.
fonte: ANSA
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Coca Cola aumenta investimenti in Cina per battere Pepsi
Coca Cola investirà 4 miliardi di dollari in Cina nei tre anni a partire dal 2012 per costruire nuove fabbriche di imbottigliamento in quello che è ormai il terzo mercato mondiale per il marchio americano di soft drink. L’obiettivo dichiarato è quello di battere la rivale di sempre, la Pepsi, in un Paese dove la crescita dei consumi prosegue ininterrottamente con un ritmo a due cifre. Tra il 2009 e il 2010 il gruppo ha aperto in Cina cinque fabbriche, alle quali si aggiungono un impianto avviato nel 2011 ed altri due attualmente in cantiere. In totale Coca Cola ha 40 fabbriche distribuite nel Paese, che impiegano oltre 48.000 persone. “Questo è il nostro terzo mercato e sta crescendo a due cifre”, ha detto l’amministratore delegato, Muhtar Kent. I 4 miliardi contribuiranno a costruire nuovi impianti di imbottigliamento, ad espandere quelli già esistenti e a migliorare la distribuzione e commercializzazione dei prodotti del gruppo, ha spiegato, specificando anche che Coca Cola non ha al momento alcuna intenzione di procedere con nuove acquisizioni. “Non è sul nostro schermo radar”, ha detto l’a.d.. Lo scorso anno la grande rivale Pepsi ha annunciato di voler investire 2,5 miliardi di dollari in Cina. Una cifra che si aggiunge al miliardo già stanziato nel 2008. Coca Cola, a cui il Paese rende il 7% del volume di vendite, ha già investito a partire dal 2009 3 miliardi di dollari.
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Unicredit: impossibile entrare in Cina
L’ingresso nel mercato cinese per Unicredit e’ una ”mission impossible’ viste le ancora rigide regole imposte dalle autorita’ centrali del Paese agli istituti di credito stranieri”. E’ quanto ha lamentato il vicepresidente esecutivo del gruppo, Giuseppe Scognamiglio, nel corso di un convegno dedicato ai bric. Scognamiglio ha ricordato come ”sette anni fa il governatore della banca centrale cinese ci ha detto che potevamo controllare al massimo il 25% di una banca locale, una percentuale che non ci assicura il controllo, assicurandoci che in pochi anni le norme sarebbero cambiate e sarebbe stato possibile in un primo tempo arrivare al 49% e poi al 51%. Dopo sette anni siamo ancora al 25%”. Il manager di Unicredit ha quindi ricordato come anche per aprire da zero delle filiali nel paese l’iter e’ complesso: ”Per aprire una filiale ci vuole ogni volta una singola autorizzazione che dura da sei a otto mesi”.
fonte: ANSA
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