Continuano gli scioperi e le proteste di operai e impiegati in diverse parti della Cina. Secondo quanto riferisce il sito di Radio Free Asia, gli operai di una fabbrica di acciaio nella provincia sud occidentale del Sichuan, la Pangang Steel, hanno iniziato a scioperare dalla mattina dello scorso 4 gennaio contro salari troppo bassi e difficili condizioni di lavoro. ”Dopo che gli operai del gruppo Chuanhua di Chendu – ha detto Pu Fei, portavoce di un gruppo che opera a tutela dei diritti umani nella provincia del Sichuan – sono riusciti ad ottenere aumenti di stipendio di circa 400-500 yuan al mese (circa 50 euro, ndr), ora anche gli operai della Pangang hanno deciso di fare lo stesso”. Secondo Pu Fei, gli operai della fabbrica di acciaio scesi in piazza guadagnano mediamente 1.500 yuan al mese (poco piu’ di 150 euro) ma chiedono di poter arrivare almeno a 2.000. I responsabili della fabbrica non hanno finora commentato l’accaduto. Non e’ chiaro quante persone abbiano partecipato alla protesta anche se testimoni oculari parlano di diverse decine di migliaia. E intanto notizie di altre proteste giungono dalla citta’ meridionale di Wuzhou dove gli operai di una fabbrica di giocattoli avrebbero iniziato a scioperare contro i tagli dei bonus di fine anno e contro arretrati ancora non pagati. Sembra tuttavia che in questo caso la protesta sia gia’ velocemente terminata con la decisione dei vertici dell’azienda di pagare gli operai. Sulla rete sono apparse anche immagini di manifestazioni a Wuxi, alla fabbrica del gruppo Xiao Tian anche se un impiegato, contattato telefonicamente, ha affermato che la situazione e’ tornata sotto controllo e che tutti sono tornati al lavoro.
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Oltre 1000 operai navali protestano per stipendi
Gli operai di un cantiere navale nel sud della Cina hanno iniziato a scioperare per protestare contro mancati pagamenti di stipendi. Oltre mille tra i dipendenti del cantiere navale Guanhai a Fuzhou, nella provincia cinese meridionale del Fujian, lunedì hanno bloccato gli ingressi del cantiere occupando e bloccando la strada per diverse ore. Secondo quanto riferiscono alcuni siti che si occupano dei diritti dei lavoratori, essi lamenterebbero di non venire pagati da oltre tre mesi e che i responsabili del cantiere si sarebbero rifiutati di dare loro gli arretrati nonostante le loro continue richieste e sollecitazioni. Lo sciopero ha paralizzato il traffico per diverse ore. Secondo alcuni testimoni si sarebbero verificati anche scontri con la polizia, intervenuta sul posto. Interpellati i vertici del cantiere hanno invece sostenuto che l’accordo sugli arretrati è stato raggiunto, che il problema è superato e che la fabbrica ha ora deciso di pagare gli stipendi direttamente ai suoi dipendenti e non, come finora era accaduto, tramite i committenti. “Sappiamo che alcuni nostri committenti spesso non pagavano i lavoratori – ha detto Long, uno dei responsabili del cantiere navale – il problema era nato da questo”. Con la crisi, molti cantieri navali cinesi, che negli anni scorsi hanno varato il maggior numero di navi per clienti di tutto il mondo, stanno chiudendo per mancanza di commesse.
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Tornano al lavoro alla Lg, nuovo sciopero a sudest
E’ terminato lo sciopero alla fabbrica della LG di Nanchino, dove da tre giorni circa 8.000 operai erano entrati in sciopero bloccando parte della produzione per protestare contro tagli salariali e contro presunte disparità di trattamento tra dipendenti cinesi e dipendenti coreani. I responsabili della fabbrica hanno fatto sapere che le attività sono regolarmente riprese dalle 16 di ieri, dopo il raggiungimento di un accordo con gli operai. Ma se la situazione a Nachino sembra risolta, un nuovo sciopero è iniziato a Guangzhou (ex Canton), dove gli operai della Aries Auto Parts Corporation stanno protestando contro riduzioni di salari e contro i tagli dei bonus di fine anno. Secondo le informazioni disponibili, la produzione è stata totalmente fermata e nonostante ripetuti richiami gli operai si sono rifiutati di porre fine alla proteste e di tornare al lavoro. I responsabili dell’azienda hanno fatto sapere che la riduzione dei bonus quest’anno deriva da una riduzione della domanda, mentre gli operai sostengono che il numero degli ordini di quest’anno è quasi lo stesso di quello precedente. Oltre ai tagli economici, gli operai lamentano anche condizioni di lavoro difficili, essendo costretti spesso a turni di lavoro anche di 12 ore e a continui straordinari. Nella stessa fabbrica lo scorso aprile si era verificato un altro sciopero. In quella occasione alla fine venne raggiunto un accordo che prevedeva un incremento salariale mensile di circa 300 yuan (poco più di 30 euro). La Aries produce parti per automobili e motocicli e ha tra i suoi clienti Honda, Toyota, Dongfeng-Nissan e Suzuki.
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Ennesimo sciopero in società straniera: ora tocca all’LG
Circa 8.000 operai di una fabbrica della LG di Nanchino, nella zona orientale della Cina, hanno iniziato a scioperare. La portavoce dell’azienda coreana, Claire Ohm, ha fatto sapere che una parte della produzione nell’impianto, specializzato nella fabbricazione di schermi piatti per televisori lcd, computer portatili e monitor, è stata sospesa. Secondo le informazioni disponibili sopratutto su alcuni microblog tra i quali sina.com, sembra che gli operai di Nanchino lamentino in primo luogo una disparità di trattamento tra gli operai cinesi, ai quali sarebbero stati recentemente tolti alcuni bonus previsti fino allo scorso anno, e quelli coreani, ai quali al contrario sarebbero stati dati degli aumenti. “Stiamo lavorando in collaborazione con il governo di Nanchino – ha fatto sapere Claire Ohm – per raggiungere un accordo e per risolvere questa situazione quanto prima possibile”. Dal novembre scorso, in tutto il paese, sono decine di migliaia i lavoratori cinesi che hanno cominciato a protestare contro salari troppo bassi e condizioni di lavoro difficili.
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COntinua sciopero a fabbrica tecnologica di Shenzhen
Va avanti ormai da una settimana lo sciopero dei lavoratori della Shenzhen Hailiang Storage Product Co. Ltd, sussidiaria della Hitachi Global Storage Technologies a Shenzhen, nella Cina meridionale. Lo riferisce la stampa locale. Dallo scorso 4 dicembre oltre 1000 operai, preoccupati del mantenimento dei loro posti di lavoro a causa della recente acquisizione dell’azienda giapponese da parte dell’americana Western Digital, hanno bloccato l’ingresso della fabbrica, issando striscioni e cantando slogans. L’azienda dal canto suo ha fatto sapere di essere impegnata ad aumentare i salari e a migliorare le condizioni di lavoro, ma gli operai finora hanno dichiarato di non essere soddisfatti da queste dichiarazioni e di non sentirsi sufficientemente garantiti. Gli operai, infatti, chiedono che l’azienda presenti un piano chiaro relativo al periodo post-acquisizione, e chiedono anche forme di risarcimento in base alla legge. “I lavoratori continueranno lo sciopero fino a quando l’azienda non fornirà una soluzione ragionevole” hanno fatto sapere gli scioperanti tramite un loro portavoce. Intanto sabato mattina alcuni operai sono rimasti lievemente feriti durante scontri con la polizia, verificatisi nei pressi della fabbrica. La Western Digital ha siglato un accordo con la Hitachi. La fusione dovrebbe avvenire nel marzo 2012. I vertici dell’azienda hanno fatto sapere di aver notificato all’azienda giapponese il perdurare della situazione di tensione e di protesta da parte dei lavoratori mentre le autorità locali stanno cercando di portare avanti dei negoziati per il raggiungimento di un accordo. Da oltre un mese soprattutto nel sud est del paese sono molte le manifestazioni di operai che protestano per le chiusure delle fabbriche colpite dalla crisi globale oppure dalle delocalizzazioni o per le condizioni di lavoro alle quali sono sottoposti.
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Sciopero per salari in fabbrica mobili di bambù
Centinaia di operai della Jin Mao Bamboo Furniture, che ha sede nella provincia cinese del Zhejiang, sono scesi in sciopero e hanno manifestato per chiedere aumenti salariali. Lo scrive oggi il giornale Mingpao di Hong Kong. Le autorità locali hanno chiesto alla polizia di intervenire contro gli scioperanti e, secondo alcuni messaggi comparsi su Internet, alcuni lavoratori sarebbero rimasti feriti. La Jin Mao é la più grossa impresa cinese nel settore dei mobili di bambù. L’azienda afferma di avere 600 milioni di yuan (70 milioni di euro) di debiti in seguito alla crisi della domanda in Europa e negli Usa. Scioperi e richieste di aumenti salariali si sono moltiplicati negli ultimi mesi nelle aree industrializzate della Cina come lo Zhejiang, che si trova sulla costa orientale.
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Ennesimo sciopero in azienda straniera in Guangdong
Un nuovo sciopero interessa una società straniera in Cina. Circa mille operai della giapponese Hitachi sono scesi in piazza a Shenzhen, nella provincia sud orientale del Guandgong per protestare contro i tagli previsti dopo la vendita dell’azienda ad una società americana. La Shenzhen Hailiang Storage Product Co. Ltd è una sussidiaria della giapponese Hitachi Global Storage Technologies ed è stata di recente venuta alla Western Digital, società americana. I dipendenti temono che con l’acquisizione perderanno i loro diritti accumulati nel tempo e soprattutto una drastica riduzione del personale. Per questo motivo hanno bloccato da domenica sera l’ingresso all’azienda per poi disperdersi, dopo l’arrivo della polizia e l’assicurazione di portare in Giappone la vertenza, al quartier generale dell’Hitachi. Questa contro l’Hitachi è solo l’ultima di una serie di manifestazioni contro società straniere che hanno nel Guangdong, la ‘fabbrica della Cina’, la loro sede e che a causa della crisi mondiale stanno avendo riduzione di produzione, delocalizzazione o in alcuni casi la chiusura.
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Ancora in sciopero lavoratori a Shanghai
Sono ancora in sciopero gli operai della Hi-P, l’azienda di Singapore impegnata nel settore tecnologico che opera per societa’ come Nokia, Motorola, Apple. Dopo l’ennesimo fallimento delle negoziazioni tra le parti, oltre 400 operai continuano a manifestare fuori dai cancelli della fabbrica per protestare contro l’intenzione della Hi-P di spostare l’impianto in un’altra provincia per contenere i costi. Secondo fonti sindacali, l’azienda avrebbe negato la ricompensa promessa, o parte di essa, per la chiusura dell’impianto di Jinqiao, nei sobborghi di Shanghai, e cosi’ gli operai stanno bloccando l’accesso all’azienda da una settimana. Il posto dove la societa’ ha deciso di trasferire l’azienda e’ ad oltre un’ora e mezza di auto da Shanghai e nonostante ci siano degli autobus messi a disposizione dall’azienda, i lavoratori non vogliono trasferirsi perche’ molti di loro sono abituati a lavorare anche per 20 ore. In caso di trasferimento, perderebbero la possibilita’ di fare straordinari. Yao Hsiao Tung, direttore esecutivo dell’azienda, ha detto che lo spostamento era pianificato per il 2012, ma la situazione si sta facendo difficile a causa della crisi internazionale. Come la Hi-P sono moltissime le aziende che stanno abbandonando Shanghai per altre citta’, a causa degli alti costi della capitale economica cinese in termini di terreno, spostamenti e manodopera. A causa della crisi internazionale, negli ultimi mesi sono state diverse le aziende cinesi che hanno chiuso o hanno minacciato licenziamenti e trasferimenti, portando ad un’ondata di proteste soprattutto nella zona orientale della Cina.
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La Cina preoccupata per aumento delle tensioni sociali
La Cina teme che un rallentamento dell’economia possa portare a maggiori disordini sociali, tanto da chiedere ai governi locali l’utilizzo di metodi piu’ efficaci per affrontare situazioni di tensione. Lo ha detto, durante un seminario, Zhou Yongkang, membro del comitato permanente del politburo del Partito Comunista Cinese e responsabile dei servizi di sicurezza. ”E’ un compito urgente il nostro – ha detto Zhou -, quello di pensare a realizzare un sistema di gestione sociale con caratteristiche cinesi che possa servire alla nostra economia socialista di mercato”. Nelle ultime settimane c’e’ stato un aumento di manifestazioni da parte di operai contro aziende che, a causa della crisi mondiale, perdono commesse e sono obbligate a ridurre personale. Zhou ha chiesto di intervenire offrendo approcci innovativi per garantire l’occupazione, ma anche maggiore polizia per controllare internet, il luogo dove si diffondono gli inviti alle proteste. La contrazione mondiale dell’economia ha avuto grosse influenze anche sulla Cina dove, mentre si mantiene alta l’inflazione (e quindi il costo delle materie prime come il cibo), diminuisce la crescita e la produzione, scesa a livelli di non crescita secondo gli ultimi dati. Nelle scorse settimane nella parte orientale del paese, in particolare nella ‘fabbrica della Cina’ in Guangdong ma anche a Shanghai, sono stati migliaia i lavoratori scesi per strada per proteste.
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Scioperi a Shanghai e nell’est del paese
Oltre 1000 lavoratori hanno manifestato dinanzi ad una fabbrica nei sobborghi di Shanghai contro la decisione dell’azienda di spostare l’impianto in un’altra provincia. Lo riferisce il China Labor Watc, un gruppo di studio sulla situazione del lavoro in Cina, con base ad Hong Kong. Contro i manifestanti è intervenuta la polizia e ci sono stati scontri con feriti e arresti. Le prime avvisaglie della protesta sono arrivate ieri l’altro quando i primi dipendenti della Hi-P, una società di Singapore impegnata nel settore tecnologico, hanno cominciato a gridare slogan fuori dalla fabbrica dopo aver saputo dell’intenzione dei vertici di spostarla. La proprietà singaporiana dell’azienda, che produce pezzi per Apple, Rim (la produttrice dei Blackberry), Motorola e altri, intende spostare la fabbrica di Shanghai in una zona meno cara, licenziando 1000 dipendenti. Da qui è nata la protesta sfociata in scontri con la polizia. L’azienda non ha voluto confermare la circostanza anche se non è la prima volta che si trova in una situazione simile. Lo scorso luglio, infatti, migliaia di lavoratori scesero in strada per dieci giorni per protestare contro lo spostamento di parte dell’azienda da Shanghai alla vicina Suzhou. Come la Hi-P sono moltissime le aziende che stanno abbandonando Shanghai per altre città, a causa degli alti costi della capitale economica cinese in termini di terreno, spostamenti e manodopera. La Hi-P è stata fondata nel 1980 ed ha 25 siti produttivi in Asia, America ed Europa. In Cina ha fabbriche a Shanghai, Chengdu, Xiamen, Qingdao, Tianjin, Suzhou e Dongguan.
L’ondata di manifestazioni e scioperi di operai e lavoratori cinesi interessa ora anche le catene dei supermercati. Oltre 100 dipendenti della Tesco, la catena inglese di supermercati sono scesi in piazza a Jinhua, nella provincia orientale dello Zhejiang per protestare contro l’ondata di tagli al personale che la direzione dei supermercati della zona ha deciso. I dipendenti hanno bloccato l’ingresso dei centri commerciali e hanno urlato slogan contro la società, mostrando cartelli con i quali chiedono il rispetto dei diritti. Il timore dei dipendenti è che la riorganizzazione annunciata dalla società inglese si tramuti in un licenziamento di massa o della chiusura notturna e senza preavviso, come già successo in passato con altre società, dei punti vendita, senza che i dipendenti avessero l’opportunità di percepire stipendi e liquidazioni. Quella contro Tesco è solo l’ultima manifestazione di protesta dei lavoratori cinesi contro aziende private soprattutto straniere. A causa della crisi economica, molte aziende con sede in Cina, sia multinazionali straniere che i loro terzisti cinesi, sono in forte crisi. Nella provincia sud orientale del Guandong, la più colpita da questa crisi essendo la ‘fabbrica della Cina’, a Dongguan oltre 10.000 lavoratori sono scesi in strada per manifestazione per non aver ricevuto gli straordinari. Oltre a questa ci sono state manifestazioni con blocchi stradali contro l’Apple, l’Ibm e altre, tra le quali quella che ha visto 400 operaie bloccare l’autostrada per manifestare contro le pessime condizioni di lavoro della fabbrica di reggiseni nella quale lavorano.
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