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Il gruppo di commercio elettronico Alibaba aprirà il mercato cinese alle Pmi italiane

L’accordo raggiunto a Pechino tra il gigante internazionale del commercio online Alibaba e il ministro per lo sviluppo economico Federica Guidi è “eccitante”. Parola del fondatore di Alibaba, l’imprenditore Jack Ma. “Lo è perché così cerchiamo di aiutare le piccole e medie imprese italiane a vendere i loro prodotti in Cina”, ha sottolineato Ma, parlando con un gruppo di giornalisti italiani subito dopo aver incontrato in un albergo di Pechino il presidente del consiglio Matteo Renzi. “Ogni giorno abbiamo cento milioni di persone che fanno shopping sul nostro sito”, ha aggiunto. Ma, 50 anni, ha creato Alibaba nel 1999, investendo poche migliaia di euro insieme ad un gruppo di amici. L’idea di lanciare il consumo online nella Cina in forte crescita economica ha dato rapidamente i suoi frutti: oggi la compagnia vale, secondo gli esperti, non meno di 168 miliardi di dollari e si prepara allo sbarco a Wall Street. Alibaba ha mostrato l’intenzione di allargare il suo campo d’azione con una serie di acquisizioni per un valore di circa 9,9 miliardi di dollari che l’hanno portata in settori nuovi tra cui la grande finanza, oltre al calcio, dove ha acquistato una quota Guangzhou Evergrande, allenata da Marcello Lippi. “I prodotti italiani – ha sottolineato Ma – sono molto richiesti in Cina. Anche molti dei miei amici hanno comprato una grande quantità di mobili italiani, di scarpe italiane. Il mese scorso abbiamo fatto una piccola promozione di cibo italiano e in tre giorni abbiamo venduto trentamila pizze… davvero sorprendente: di pasta e vino”. Internet “ha ringiovanito” la Cina, secondo Ma che sottolinea come il passaggio da locale a globale “sia difficile per tutte le imprese”. Ma, ha aggiunto “nella storia non c’è mai stata una cosa come Internet. Con Internet tutto è più facile”. E’ importante che “sia chiaro – ha affermato Ma – che non andiamo da nessuna parte per portar via soldi. Noi vogliamo aiutare dovunque le piccole e medie imprese, vogliamo essere presenti nei paesi nei quali esiste un tessuto di piccole imprese”. “Internet – conclude l’imprenditore – ci ha cambiati, perché ha cambiato i giovani e i giovani cambieranno il futuro”.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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Sace apre linea di credito di 2 miliardi a Pmi che investono in Cina

In occasione del viaggio del premier Matteo Renzi in Cina la Sace (il gruppo assicurativo-finanziario che fa capo attraverso Cassa Depositi Prestiti al Ministero dell’Economia) ha aperto una linea di credito da 2 miliardi a sostegno di crescita delle Pmi italiane in Cina. Il fondo consente, tra l’altro, alle Pmi italiane di essere assicurate dal rischio insolvenza dei clienti cinesi e incassare anticipatamente i pagamenti dovuti. Potranno vendere merci e servizi ai clienti cinesi offrendo dilazioni di pagamento fino a 5 anni, attraverso l’utilizzo di lettere di credito e assicurandosi dal rischio di mancato pagamento, incassare anticipatamente i pagamenti dovuti dai clienti. Accedere a finanziamenti garantiti da SACE – anche in valuta locale – a sostegno dei piani di sviluppo nel Paese (investimenti in reti distributive, joint venture produttive, acquisizioni di aziende locali, spese pubblicitarie, punti vendita, acquisto macchinari, etc…). Sono 14 i gruppi bancari cinesi pre-affidati da SACE: Agricultural Bank of China, Bank of China, Bank of Communications, Bank of Shanghai, China Citic Bank, China Construction Bank, China Development Bank, China Ex-Im Bank, China Guangfa Bank, China Merchants Bank, Industrial Bank, Industrial & Commercial Bank of China, Ping An Bank, Shanghai Pudong Development Bank. La capacità d’intervento di SACE a sostegno degli esportatori italiani è rafforzata dall’accordo di riassicurazione con Sinosure, agenzia di credito all’esportazione cinese.

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Presentata a Roma una guida legle e fiscale per gli investimenti in Cina

I rapporti commerciali tra Italia e Cina, le possibilità commerciali e imprenditoriali delle aziende italiane nel paese del dragone, le leggi e la fiscalità cinese relativa al fare impresa nel paese, sono stati al centro del convegno tenutosi nella Sala Gianfranco Imperatori nel Palazzo delle Assicurazioni Generali a piazza Venezia a Roma. L’occasione è stata data dalla presentazione della nuova edizione della Guida Legale “Lavorare e vivere in Cina”, realizzata dallo studio legale Picozzi & Morigi (con diverse sedi in Cina dove opera da 20 anni) con il patrocinio dell’agenzia Ice, rivolta agli italiani e alle aziende italiane che operano e vivono in Cina. Li Ruiyu, nuovo Ambasciatore della Repubblica Popolare di Cina in Italia, ha sottolineato come i rapporti fra i due paesi siano storici e che la presenza italiana sia qualificata in Cina, anche se non così come quella di altri paesi europei. Vincenzo De Luca, ex console generale italiano a Shanghai e oggi vice direttore generale per l’Internazionalizzazione del Sistema Paese del Ministero Affari Esteri, ha ricordato come l’interscambio fra i due paesi sia aumentato e come l’Italia occupi posizioni di leadership in alcuni settori, come quello dei macchinari, in un mercato dalle grandissime potenzialità verso il quale guarda tutto il mondo. L’avvocato Alessandro Picozzi (fondatore dello studio legale), Francesco Marcolini (presidente Zetema), Riccardo Landi (direttore centrale dell’Agenzia Ice), Davide Bordoni (consigliere comunale di Roma) e Irene Pivetti (presidente Only Italia) hanno tutti sottolineato le importanti ed enormi potenzialità di un mercato come quello cinese che non è così semplice da aggredire sia per questioni spaziali che culturali e una conoscenza delle leggi e delle regolamentazioni agevola certamente il naturale processo delle aziende e dei manager italiani di affacciarsi alla Cina. La “guida rossa” segue la pubblicazione, sempre da parte dello studio Picozzi&Morigi, della “guida verde” in lingua cinese, destinata ai cinesi e alle aziende cinesi presenti in Italia o che vogliano investire nel nostro paese. Il convegno è stato realizzato dallo Studio Legale Picozzi & Morigi in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese, Agenzia Ice, Fondazione Italia Cina, Roma Capitale, Ufficio del Turismo Cinese e Bank of China.

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Italia torna ad investire in Cina, nel 2013 +29%

Gli investimenti italiani in Cina tornano a crescere raggiungendo quota 316 milioni di dollari nel 2013, pari ad un incremento del 28,92% che recupera parzialmente il -36,62% del 2012. A sottolinearlo è il centro studi per l’impresa della Fondazione Italia Cina, in occasione del forum ‘Storie di successo italiane in Cina’, organizzato dalla fondazione in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Lo scorso anno l’export italiano in Cina è cresciuto di oltre 1,3 miliardi di dollari (+8,13% sul 2012), mentre l’import ha segnato un lieve incremento (+0,1 miliardi di dollari) dopo il calo di circa 8 miliardi del 2012. L’interscambio tra i due Paesi è passato da 41,91 miliardi a 43,33 miliardi di dollari, con una crescita del 3,38%, ma ancora distante dai 51,3 miliardi del 2011. In sette anni il forum ha coinvolto 40 aziende che hanno partecipato in qualità di relatori davanti a una platea di circa 700 persone. ”Tutti ce la possono fare in Cina”, è il messaggio del presidente della Fondazione, Cesare Romiti. ”Il successo – aggiunge – non dipende dalla dimensione o dal settore di appartenenza ma dalla visione strategica, dalla programmazione e conoscenza del mercato e dalle risorse umane e materiali impiegate”. Per il direttore generale di Intesa Sanpaolo, Gaetano Micciché, la Cina ”e’ strategica per la crescita del nostro Paese” e rappresenta ”un mercato di sbocco dall’enorme potenziale per le nostre imprese”. Intesa Sanpaolo e’ presente nel paese da oltre 30 anni: ”osserviamo con interesse l’elevato tasso di sviluppo di alcune regioni – conclude Micciché – e intensifichiamo le relazioni con le corporate cinesi che intendono investire o trovare partner commerciali in Italia”. Oggi durante il forum sono state presentate le esperienze di diverse aziende italiane, come Eldor (settore automotive, dal 2009 in Cina), Conveme (presente dal 2011 nel fotovoltaico), Cmr (specializzata nella progettazione integrata, in Cina dal 2003) e Grandi salumifici italiani Cina (dal 1995 produce salumi italiani destinati al mercato asiatico).

fonte: ANSA

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Cina nuovo Eldorado, ma per imprese italiane è dura

La Cina rappresenta un ‘Eldorado’ per le aziende italiane ma resta ancora un mercato difficilmente accessibile, ”quasi chiuso” a causa di una burocrazia ”sempre più crescente”. Gli imprenditori italiani si auspicano quindi che l’impegno di Pechino a rafforzare ”il ruolo decisivo” del mercato nell’economia nazionale non resti solo una ”promessa generica”, ma che si traduca in una ”semplificazione” nell’accesso al Paese da parte delle aziende estere. Per il settore alimentare, dice Luigi Scordamaglia, consigliere di Federalimentare per l’internazionalizzazione, le potenzialità del mercato cinese ”sono uniche ed immense”, sottolineando che ”nel 2020 i consumi alimentari in Cina raggiungeranno i 4.000 miliardi di dollari, superando Ue ed Usa”. Ma al momento il quadro ”è insoddisfacente”, spiega Scordamaglia, con la Cina che rappresenta solo il decimo mercato per l’export alimentare italiano a causa soprattutto di ”barriere non tariffarie”. Infatti numerosi prodotti agroalimentari italiani, come le carni, continuano ad essere vietati all’importazione in Cina. ”Gli unici prodotti a base di carne ad essere ammessi sono i prosciutti con 313 giorni di stagionatura”, aggiunge Scordamaglia, denunciando il fatto che i cinesi ”non approvano i nostri impianti di trasformazione in Italia”. Un’azienda che ha fatto molto bene in Cina è la Falc, produttore di calzature per bambini, presente sul mercato da oltre 10 anni e che nel 2012 ha ricevuto il premio ‘China Award’ per i suoi successi commerciali. ”Siamo partiti con una joint-venture nel 2003 ed ora operiamo con un partner locale”, dice un rappresentante della società, sottolineando però che ”non è un mercato semplice, è difficile entrarci, bisogna essere molto organizzati”. L’azienda marchigiana, fondata nel 1974 a Civitanova Marche, per il futuro ”punta molto sulla Cina” per ”le grandi potenzialità” che offre il gigante Asiatico. Alcuni esperti, come l’avvocato Riccardo Rossotto, senior partner di R&P Legal, e consulente per l’internazionalizzazione delle Pmi italiane in Cina, avvertono però che il Paese è entrato ”in una nuova fase di modernizzazione” e deve affrontare questioni tipiche di un paese industrializzato, come ad esempio quello sull’ambiente o sui diritti dei lavoratori, che fino ad una decina di anni fa erano completamente ignorati. Problemi quindi che si ripercuoteranno anche sulle aziende italiane che vorranno fare business in Cina. Da tempo, sottolinea Rossotto, ”segnali e comportamenti crescenti ci dicono che i cinesi non sono contenti della presenza di aziende straniere” in Cina.

Alfonso Abagnale per ANSA

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Oltre 100 aziende italiane a fiera food in Cina

Si è aperta stamani a Shanghai la 17/a edizione della fiera Food & Hospitality China, una delle più importanti in Asia del settore. Anche quest’anno, l’Italia è uno dei paesi più rappresentati tra i 70 presenti, con oltre 100 aziende, diverse delle quali ospitate nel padiglione realizzato come di consueto dall’Agenzia Ice. Nell’area italiana, non solo aziende: una zona è destinata ad una serie di seminari tematici sui prodotti italiani del cibo e del vino, con l’intento di accompagnare i numerosi buyers cinesi, l’80% degli oltre 30.000 visitatori dell’anno scorso, sulla qualità dei prodotti italiani, sul loro uso, sulla loro versatilità, sulle loro caratteristiche. “Quest’anno – ha detto all’inaugurazione il console generale Vincenzo De Luca – abbiamo avuto segnali incoraggianti nel settore, avendo registrato fino a settembre +15% di aumento nella vendita di vini e +20% nel food made in Italy. L’anno scorso erano più bassi. I nostri competitor, pur vendendo più di noi, hanno avuto crescite inferiori”. “La qualità dei prodotti italiani – ha proseguito De Luca – ripaga sia nella ristorazione italiana, che sta crescendo molto qui, sia grazie ad aumento dei visitatori cinesi in Italia, che, visitando il nostro paese, assaggiano e ritornando comprano. Quest’anno sono presenti molte più aziende del settore oliario, ma manca una buona presenza del settore dei prodotti da forno, nel quale siamo cresciuti del 47% pur in assenza di grandi gruppi”. “Secondo i dati in nostro possesso – spiega Claudio Pasqualucci, direttore Ice Shanghai – le importazioni settoriali cinesi sono in costante crescita, arrivando nel 2012 a 86,1 miliardi dollari, con un aumento in valore del 20,6% rispetto al 2011. Nello stesso periodo l’Italia ha esportato prodotti agroalimentari e bevande per 323 milioni dollari, in crescita del 7,7%, con una quota di mercato pari allo 0,4%. I prodotti maggiormente esportati sono la cioccolata, i vini, l’olio d’oliva, le conserve alimentari, il caffè e la pasta”. “Se osserviamo i dati dei primi 9 mesi del 2013 – continua Pasqualucci – la Cina ha importato prodotti agroalimentari e bevande per 67,8 miliardi USD, con una crescita del 7,3%, mentre le esportazioni del made in Italy in Cina hanno toccato 263 milioni USD (+22% rispetto allo stesso periodo del 2012)”. “L’Italia occupa la 26/a posizione – ha concluso Pasqualucci – Se però andiamo ad osservare i prodotti di punta del made in Italy, nei primi nove mesi del 2013 essi hanno consolidato e, in alcuni casi, perfino migliorato la loro posizione di primo piano nel mercato locale: primo posto per cioccolato, secondo per olio d’oliva, spumante, pasta e acque minerali; terzo per vino imbottigliato; quarto per caffè; quinto per i formaggi”.

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Il segretario generale della Farnesina conferma l’interesse di Pechino verso Roma

La Cina conferma il suo interesse nei confronti dell’Italia come partner in diversi settori. E’ questo il messaggio che il segretario generale della Farnesina, ambasciatore Michele Valensise, riporta in Italia al termine della sua visita nel paese del dragone. Dopo la tappa a Shanghai, Valensise, accompagnato dall’ambasciatore italiano in Cina, Alberto Bradanini, ha avuto diversi incontri nella capitale cinese, volti a rinsaldare i forti legami che ci sono tra i due paesi. Valensise ha così avuto modo di intrattenersi non solo con i rappresentanti delle aziende italiane e del sistema Italia a Pechino, le Camere di commercio e le banche, ma ha visitato il nuovissimo centro italiano per la concessione dei visti appena aperto, a sottolineare l’importanza che il nostro paese pone sull’enorme richiesta di visti da parte dei cinesi. Ma il fulcro della visita a Pechino è stato il lungo e cordiale incontro che Valensise ha avuto con il viceministro degli esteri Song Tao, durante il quale si sono toccate le questioni bilaterali, europee, l’attualità internazionale, la Siria, l’Iran, l’Africa, l’Onu. “Il governo di Pechino – ha detto l’ambasciatore Valensise all’ANSA – guarda con molta attenzione all’Italia ed è aperto a nuove forme di collaborazione. Segue in dettaglio il processo di riforme in atto nel nostro paese e si augura di poter presto ricevere in visita il presidente del consiglio Enrico Letta”. Dall’incontro è emersa una grande disponibilità della Cina a lavorare con l’Italia nei prossimi mesi su una agenda concreta. Per questo si sta anche lavorando all’organizzazione dell’incontro del comitato governativo. “La riunione con il viceministro degli esteri Song Tao – spiega Valensise – ci ha consentito un esame approfondito dell’agenda dei due paesi. Stiamo preparando il prossimo incontro a Roma del comitato governativo italo-cinese, co-presieduto dai ministri degli esteri Emma Bonino e Wang Yi, che affronterà molti temi di interesse comune, dal commercio agli investimenti al ruolo delle imprese italiane in Cina”. L’incontro tra i rappresentanti diplomatici di Italia e Cina, ha dato anche la possibilità di mettere sul tavolo questioni su temi importanti, soprattutto per gli scambi tra i due paesi. “Nel nostro incontro – ha concluso Valensise – abbiamo anche confermati i settori prioritari di collaborazione, l’agroalimentare, l’ambiente, l’urbanizzazione, la sanità, per i quali l’Italia chiede una concreta apertura alla parte cinese con l’obiettivo di ridurre le asimmetrie esistenti”.

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Il segretario generale della Farnesina a Shanghai

Prima tappa a Shanghai per il Segretario Generale del Ministero degli Esteri, ambasciatore Michele Valensise – in missione in Cina – dove, incontrando i manager italiani impegnati nell’area, ha rinnovato ”l’impegno, come istituzioni, a rafforzare le azioni delle imprese”. ”Per questo, e in realtà come la Cina – ha sottolineato Valensise, accompagnato dal console generale a Shanghai Vincenzo de Luca – è necessaria una programmazione di lungo periodo. Porto con me qui in Cina il nuovo focus che il governo ha voluto dare, con Destinazione Italia, cercando di attirare investimenti stranieri nel nostro paese, dal momento che in questo settore la nostra posizione non è adeguata”. L’ambasciatore ha quindi lodato il metodo della concertazione pubblico-privato messa in campo a Shanghai. A Valensise, è stato presentato un quadro della presenza delle aziende italiane (con gli importanti cluster industriali di Suzhou, le imprese del lusso di Shanghai e quelle di altri settori diffusi in tutta la circoscrizione), circa 900 aziende stimate (516 negli elenchi dell’Ice), che mostra un gruppo vivo, in salute. Nel 2012 l’interscambio commerciale tra Cina e Italia aveva raggiunto i 41,9 miliardi di dollari (-18,3% rispetto al 2011), con l’export italiano verso la Cina che ha toccato 16,2 mld/dollari, di cui il 41,6% è rappresentato da macchinari. Nel primo semestre del 2013 l’interscambio ha invece raggiunto i 13,35 mld/dollari con un incremento dello 0,5% rispetto allo stesso periodo 2012. Nel primo semestre 2013 l’export italiano verso la Cina ha raggiunto gli 8,2 mld/dollari con un incremento del +4.5% rispetto allo stesso periodo del 2012. Il successo dell’Italia a Shanghai è dimostrato anche dal numero di visti rilasciati, che ne fanno il primo paese europeo in diversi settori. Da gennaio a settembre di quest’anno sono stati rilasciati 83.340 visti (+24,04 % rispetto al 2012), per la maggior parte visti per turismo e per affari. Presentate all’ambasciatore, anche le iniziative in vista dell’Expo 2015, che ha un suo programma destinato ai turisti cinesi. L’ambasciatore Valensise è poi partito alla volta di Pechino dove domani concluderà la visita in Cina.

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Nokia in mirino Huawei, offensiva Cina su smartphone

Dopo il tracollo degli utili e delle vendite, Nokia, un tempo fiore all’occhiello dell’hi-tech scandinavo e uno dei ‘Big’ europei dei telefonini, rischia di finire preda della cinese Huwaei. Il colosso del networking e delle telecomunicazioni nato dal nulla a Shenzen, nella provincia meridionale del Guangdong, vuole entrare nel grande gioco globale degli smartphone e togliersi di dosso l’etichetta di produttori di ‘feature phone’, i telefonini di media qualita’ e a basso prezzo venduti attraverso gli operatori. E Nokia, con il suo know-how nel design degli smartphone disponibile a prezzi da svendita (vale quasi un decimo di quanto valeva nel 2007), rappresenta una preda a cui i cinesi stanno pensando per mettersi a fare concorrenza sul serio ad Apple e Samsung. ”Stiamo considerando questo genere di acquisizioni. Forse una combinazione avrebbe alcune sinergie, ma dipende dalla volonta’ di Nokia”, ha detto il presidente della divisione ‘consumer’ di Huawei, Richard Yu. Parlando a poche ore dal lancio in grande stime del nuovo smartphone supersottile di Huawei, l’Ascend P6 a Londra, Yu ha aggiunto sibillino: ”abbiamo la mente aperta”. Dalla multinazionale giapponese emerge che non c’e’ nulla di concreto sul tavolo e che al momento ”non ci sono progetti” per una simile operazione. Huawei, che non ha mai fatto acquisizioni in grande stile in passato, ma e’ comunque riuscita a diventare uno dei principali player – non solo sulle infrastrutture mobili – e a sfidare la leadership di Samsung e Apple, si muove con i piedi di piombo. L’economia globale e’ nella massima incertezza, l’Europa e’ stretta nella recessione e Nokia e’ chiaramente in difficolta’. La sua partnership con Microsoft, che fa il software per i suoi smartphone, non piace troppo ai cinesi: considerano ”debole” la piattaforma digitale fornita dal colosso americano rispetto, ad esempio, ad Android di Google. E poi ci sono i costi: Windows Phone ”ha una quota di mercato molto piccola”, sottolinea Yu, e in piu’ ”chiede ancora una licenza” mentre ”Android e’ gratuito”. Secondo gli analisti di Bank of America Merrill Lynch, il takeover avrebbe sinergie: consentirebbe di affiancare il solido portafoglio di brevetti di Nokia, la sua distribuzione nei mercati emergenti, il design degli hardware e le sue relazioni con gli operatori di telefonia a livello globale, con le dimensioni, la solidita’ di bilancio e la struttura low cost di Huawei. Ma non ci si nasconde che ci sarebbero ancora parecchi ostacoli da superare, e che le parole di Yu sono caute. Sui mercati c’e’ scetticismo, ma qualcuno scommette su una possibile corsa alle acquisizioni: le azioni di Nokia oggi sono balzate di oltre il 4% (per poi chiudere a +3% a Helsinki).

fonte: ANSA

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Bradanini incontra Huawei e aziende italiane Shanghai

La Huawei, leader mondiale nelle telecomunicazioni, intende investire ancora 1,1 miliardi di dollari in Italia nei prossimi 5 anni, raddoppiando cosi’ l’occupazione da 750 persone attualmente impiegate a 1500 entro 5 anni. E’ quanto il vice presidente del Centro di Ricerca e Sviluppo di Huawei, Guo Junfeng ha detto all’ambasciatore d’Italia in Cina, Alberto Bradanini, in visita a Shanghai e alla sede dell’azienda cinese. L’Italia e’ il secondo Paese europeo per investimenti di Huawei, dopo l’Inghilterra. ”Ma con questa tendenza l’Italia puo’ senz’altro diventare il primo” ha considerato l’ambasciatore Bradanini. Huawei ha creato un importante centro di ricerca e sviluppo nel settore delle micro-onde a Milano. Alla luce di questo importante piano di investimenti e, considerato che Huawei e’ una delle poche aziende di telecomunicazioni che ha incrementato il proprio ricavo netto nel 2012, ha potenzialita’ di essere un partner assai importante per lo sviluppo dell’agenda digitale in Italia. Ma l’importanza del mercato cinese per l’Italia e’ stato sottolineato anche nell’incontro che l’ambasciatore ha avuto con la comunita’ imprenditoriale italiana a Shanghai, una delle piu’ importanti al mondo. Oltre 200 manager del Sistema Italia hanno incontrato il rappresentante diplomatico italiano presso lo Shanghai Italian Center, fornendo le esperienze dirette dalle realta’ produttive territoriali, le criticita’ ancora presenti sul terreno e ascoltare da Bradanini le linee strategiche dell’azione diplomatica italiana di supporto all’impresa. L’economia nella Cina Orientale presenta numerosi vantaggi per le aziende italiane nel settore della meccanica che ancora oggi conta 40% esportazioni italiane in Cina, e nei settori del lusso e del lifestyle italiano che hanno notevoli margini di sviluppo nelle citta’ ad elevato potenziale nel retail, piu’ lontane dalla costa e che contano circa 300 milioni di potenziali consumatori. L’ambasciatore Bradanini ha indicato ampie potenzialita’ anche nei settori in cui la Cina deve recuperare rispetto al modello europeo, ossia lo sviluppo di un sistema di welfare con l’industria biomedicale, nella protezione ambientale con tecnologie per trattamento acque, rifiuti, aria, e nell’urbanizzazione sostenibile.

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