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Bruxelles determinata su dazi su solare cinese, Berlino contro

Sale la tensione con Pechino, che apre un’inchiesta antidumping sulla chimica europea, e tra Berlino e Bruxelles sulla questione dei dazi che quest’ultima intende imporre il 5 giugno nei confronti dei pannelli solari cinesi. La Commissione Ue sembra pero’ determinata a procedere per la sua strada. ”Prenderemo sicuramente nota delle posizioni consultive degli stati membri”, ma l’esecutivo comunitario – ha avvertito il portavoce del responsabile al commercio Karel De Gucht – ”e’ obbligato a vedere il quadro piu’ ampio e a prendere decisioni basate unicamente su prove”. E al momento, ha sottolineato il portavoce, ”ci sono 25mila posti di lavoro a rischio nel settore nell’Ue”, di conseguenza ”qualsiasi misura temporanea potenziale e’ una risposta d’emergenza per riequilibrare la posizione di mercato delle imprese europee di fronte al dumping della Cina che ne minaccia l’esistenza”. La decisione finale sui dazi temporanei (in media del 47%), che non e’ formalmente ancora stata presa e sara’ resa nota il 5 giugno con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale Ue dei risultati preliminari dell’indagine antidumping di Bruxelles aperta lo scorso settembre, spetta in questa fase solo all’esecutivo comunitario. Solo una volta applicati i dazi provvisori sono legalmente possibili i negoziati con la Cina, e solo in vista della chiusura dell’indagine a dicembre gli stati membri avranno loro la ”parola finale” sulla questione. ”Dal nostro punto di vista le misure sanzionatorie non sono piu’ necessarie ed e’ per questo che la Germania ha detto no oggi”, ha avvertito il ministro dell’economia tedesco Philip Roesler in occasione della visita del premier cinese Li Keqiang a Berlino, nonostante sia un’azienda tedesca, la Ag Solar World, a guidare l’associazione delle aziende europee Eu ProSun all’origine delle denunce antidumping a Bruxelles. Nel frattempo Pechino, riferisce il quotidiano belga ‘Les Echos’, ha aperto un’inchiesta antidumping su prodotti chimici Ue derivati dal cloro, mettendo nel mirino gruppi europei come Solvay. Pechino ha anche minacciato di aprire un’indagine sul vino europeo, mentre Bruxelles ha gia’ aperto inchieste anche su vetri solari e tlc.

fonte: ANSA

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Cina primo paese al mondo per produzione e vendita di auto

La Cina e’ rimasta anche nel 2012, per il quarto anno consecutivo, il piu’ grande produttore al mondo e il piu’ grande mercato per il settore automobilistico. L’associazione cinese dei produttori di automobili (China Association of Automobile Manufacturers, CAAM) ha fatto sapere in un comunicato pubblicato sul suo sito internet che la vendita di automobili in Cina ha raggiunto nel 2012 i 19,31 milioni di unita’, registrando un aumento del 4,33% rispetto all’anno precedente e segnando un nuovo record. In crescita, del 4,63%, anche la produzione. ”Nel 2012 – si legge nel comunicato – sia le vendita sia la produzione di auto in Cina hanno toccato massimi storici”. La Cina ha superato, dal 2009 in poi, gli Stati Uniti. ”La produzione di automobili in Cina ha superato i 18 milioni di unita’ per tre anni consecutivi – osserva ancora il CAAM nella sua nota – e questo dimostra che l’industria e’ entrata in un percorso di crescita costante ad un livello alto”.

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Nel 2013 la Cina sorpasserà l’Europa nella produzione di auto

Nella produzione di auto il 2013 sarà l’anno del sorpasso della Cina sull’Europa. Lo prevede il Financial Times che (sulla base di dati delle società di consulenza Ihs, Lmc Auto, Pwc e delle banche d’affari Ubs e Credit Suisse) stima una produzione a quota 19,6 milioni di veicoli ‘leggeri’ per quest’anno in Cina, per la prima volta più alta di quella del Vecchio Continente, che dovrebbe fermarsi a 18,3 milioni. L’analisi del Ft disegna per quest’anno uno scenario di lieve ripresa a livello mondiale, con un +2,2% atteso contro il 4,9% del 2012, e vendite globali per un valore di 1.300 miliardi di dollari. In questo quadro la produzione europea è attesa con il segno meno rispetto ai 18,9 milioni di veicoli prodotti nel 2012: rappresenterà circa un quinto della produzione mondiale, con un calo del 35% rispetto ai livelli record del 2001. Negli anni ’70, ricorda l’autorevole quotidiano finanziario britannico, circa un’ auto su due di quelle vendute nel mondo era prodotta in una fabbrica europea. Crescerà ancora invece la Cina, che lo scorso anno ha prodotto 17,8 milioni di veicoli, e dove nel 2013 la produzione sarà dieci volte più alta di quella del duemila, quando la quota di mercato era del 3,5% mentre quest’anno dovrebbe raggiungere quota 23,8%. Il mercato europeo dell’auto soffre. Mentre torna ai livelli di 33 anni fa per nuove immatricolazioni, con un crollo del 19,87% nel 2012, dati ancora negativi arrivano anche dalla Spagna, che chiude l’anno con un calo del 13,4% delle nuove immatricolazioni, il dato peggiore degli ultimi 23 anni. Ma è proprio sulla Spagna che puntano oggi diversi produttori di auto. Complice la recente riforma del lavoro, produrre nella penisola iberica sarebbe diventato più competitivo che in altri Paesi europei. Così – rileva il Corriere della Sera – Renault aumenta la produzione a Palencia, nel nord della Spagna; Ford chiude tre stabilimenti tra Gran Bretagna e Belgio ma cresce a Valencia; Peugeot cerca di ridurre il personale in Francia ma non frena la produzione a Vigo. E questo malgrado un crollo della domanda nel Paese. Dall’inizio della crisi la Spagna ha recuperato 10 punti rispetto all’area euro per costo del lavoro per unità di prodotto. “Il costo sociale resta drammatico, ma ora le fabbriche sono più popolate”, nota il Corriere.

fonte: ANSA

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Jaguar Land River e Chery danno il via a Joint Venture per produrre in Cina

Jaguar Land Rover e Chery Automobile Company Ltd hanno avuto il via libera per realizzare il loro nuovo impianto di produzione in joint venture a Changshu, in Cina. Le due aziende hanno infatti ricevuto la ratifica ufficiale da parte della governativa NDRC (National Development & Reform Commission) con l’approvazione della joint venture per produrre nuovi modelli in partnership in Cina. Jaguar Land Rover e Chery – si legge in una nota ufficiale – potranno adesso accelerare i piani per la realizzazione del nuovo impianto produttivo a Changshu, vicino Shanghai. L’investimento previsto è di 109 miliardi di renminbi, pari a 13,7 miliardi di euro, e comprenderà anche una nuova struttura di ricerca e sviluppo e una fabbrica per la produzione di motori. Il programma della nuova società – che si chiamerà Chery Jaguar Land Rover Automotive Company Ltd – prevede l’assemblaggio in Cina di modelli già esistenti nella gamma JLR e la creazione di veicoli specificatamente destinati alle richieste dei clienti cinesi da vendere con un nuovo marchio. La nuova azienda si occuperà anche della commercializzazione e distribuzione. La joint venture – precisa JLR – fonderà insieme il patrimonio e l’esperienza di Jaguar Land Rover nella produzione di vetture di lusso premium con la complessa conoscenza e comprensione dei clienti cinesi da parte di Chery. In una dichiarazione congiunta, Ralf Speth, Jaguar Land Rover CEO, e Yin Tongyao, presidente e CEO di Chery Automobile Company hanno detto: “Siamo lieti di aver raggiunto questo importante traguardo. Insieme inizieremo a lavorare in stretta collaborazione sui nostri programmi di partenariato per sfruttare tutte le possibilità delle nostre aziende, per produrre nuovi e importanti modelli per i clienti cinesi”. Le due società prevedono di completare lo stabilimento di Changshu, nella provincia dello Jiangsu, nel corso del 2014. La partnership tra Chery e JLR segue la rapida espansione dei marchi Jaguar e Land Rover in Cina, dove le vendite sono aumentate dell’80% nei primi 10 mesi del 2012. Nel 2011, JLR è cresciuta in Cina di più del 60%, grazie principalmente alle Jaguar XJ e XF ed alla forte richiesta della Range Rover Evoque. Chery è il più grande esportatore di vetture cinese e uno dei produttori automobilistici più grandi del Paese ed ha un’esperienza di 15 anni nel settore automotive.

fonte: ANSA

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Toyota ferma parte produzione in Cina a seguito dissidi tra Pechino e Tokyo

La casa automobilistica giapponese Toyota ha annunciato la sospensione di alcune parti di produzione nell’impianto di Tianjin, non lontano da Pechino, a causa del crollo di vendite in Cina. Lo ha annunciato la stessa compagnia in un comunicato diffuso in Cina. La linea di assemblaggio dell’impianto di Tianjin, il più grande in Cina, é stata fermata da ieri. Non si sa quante linee sono state fermate ne per quanto tempo lo saranno. La settimana scorsa si era diffusa la notizia che per questa settimana la società avrebbe chiuso totalmente la fabbrica, notizia poi smentita. Nell’impianto si producono, tra gli altri, la Corolla, la Crown, Rav4 e la Vios. Annualmente sono 500.000 le vetture che escono dall’impianto di Tianjin che rappresentano il 60% totale della produzione cinese. Si stima che la Toyota, pur non avendo ancora diffuso numeri esatti, abbia registrato un calo di vendite in Cina di più del 30%. Il calo è dovuto principalmente al clima di tensione fra Cina e Giappone a causa della contesa sulle isole Diaoyu/Senkaku che il Giappone ha nazionalizzato il mese scorso. Le proteste per la mossa di Tokyo ha portato in Cina a numerose manifestazioni di piazza anche violente, nelle quali molti obiettivi giapponesi, come le auto, sono stati presi di mira.

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Un milione chiede targa a Pechino, ma ce ne sono solo 20milia disponibili

Oltre un milione di persone hanno fatto richiesta a Pechino di una targa a fronte di meno di 20.000 disponibili. Lo riferisce il China Daily. Con il sistema in vigore per l’attribuzione delle targhe, basato su una lotteria, è stato calcolato che solo 1 su ogni 53 richiedenti riuscirà ad ottenere la registrazione della propria auto e la relativa targa, l’80% in meno rispetto allo scorso anno quando il governo della capitale cinese decise di introdurre questo sistema della lotteria per limitare le nuove auto a 240.000 l’anno. Secondo i dati della Commissione municipale dei Trasporti, il numero delle auto a Pechino è più che quadruplicato, passando da 1 milione nel 1997 a 4,76 milioni nel 2010. All’inizio di quest’anno erano oltre 5 milioni le auto sulle strade della capitale. Anche Guangzhou, la ex Canton, ha limitato le nuove targhe a 10.000 al mese (ottenibili tramite lotteria e aste pubbliche). A Shanghai normalmente si tiene un’asta per l’acquisto delle targhe. Ultimamente sono stati spesi anche fino a 60.000 yuan (oltre 6.500 euro) per una targa.

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Edizione speciale della Ferrari 458 in Cina per i 20 anni della casa di Maranello nel paese del dragone

Edizione speciale della 458 Italia per celebrare i 20 anni di Ferrari in Cina. Era infatti il 1992 quando per la prima volta una vettura Ferrari, una 348 TS, venne ordinata a Pechino. L’otto cilindri della casa di Maranello, che ha già vinto 35 premi in tutto il mondo, prodotta in soli 20 esemplari esclusivamente dedicati al mercato cinese, ha una speciale livrea contraddistinta da caratteristici elementi cinesi e verniciata nel nuovo colore “Rosso Marco Polo” sviluppato specificamente per questa vettura. L’ispirazione per la livrea deriva dal motivo del longma, “il dragone-cavallo”, dove il dragone simboleggia la cultura cinese, che rappresenta coraggio, passione e successo, mentre il Cavallino Rampante Ferrari identifica la cultura italiana e i traguardi raggiunti dalla Ferrari. Il particolare più significativo della vettura è infatti il dragone dorato sul cofano, esaltato dalla livrea a righe oro e nero che simboleggiano un circuito. L’immagine del dragone che spicca il volo e del Cavallino Rampante sul cofano si armonizzano con le linee della vettura. L’edizione speciale della 458 Italia ha poi cerchi color oro così come dello stesso colore sono le due alette anteriori flessibili. Anche gli interni rispecchiano lo spirito longma. La cultura cinese viene celebrata anche con la presenza di ricami dorati sui poggiatesta dell’auto. Il pulsante di accensione per ognuna delle 20 vetture è inciso con ideogrammi cinesi e sul tunnel centrale è posizionata la targa “20th Anniversary Special Edition”. L’edizione speciale della 458 Italia verrà presentata al pubblico durante l’inaugurazione, prevista entro la fine di maggio, della prima mostra permanente di Ferrari fuori da Maranello presso l’Italian Center (l’ex padiglione italiano dell’Expo ora di proprietà cinese) nello Shanghai Expo Park. La mostra, che durerà tre anni, si estenderà su 900 metri quadrati di superficie, conterrà alcune collezioni del museo Ferrari e si articolerà su cinque aree tematiche, “Ferrari in Cina”, “Green Technology”, “Prodotto”, “Design” e “Corse”. Oltre a modelli attuali e storici i visitatori potranno scoprire il mondo Ferrari attraverso suggestive immagini, video e istallazioni realizzate esclusivamente per questo evento.

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Crescono poco la vendita e produzione in Cina

Cresce poco la vendita di veicoli in Cina. Nel 2011 il dato registrato dall’associazione dei produttori automobilistici (Caam) e’ di 18,50 milioni di unita’ (comprensivo di tutte le categorie), in aumento del 2,45% rispetto all’anno precedente. La produzione ha invece raggiunto nel 2011 18,42 milioni di unita’ pari ad un aumento dello 0,84% rispetto all’anno precedente, dato che rappresenta il piu’ basso da 13 anni. Aumento record invece per le esportazioni di auto cinesi, registrato a, +49,45% rispetto all’anno precedente a 814.300 unita’. Aumentate velocemente le vendite di Suv e monovolume, in aumento rispettivamente del 20,19% e dell’11,74% in confronto al’anno precedente.

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Nuova ondata di scioperi al sud

Continuano gli scioperi e le proteste di operai e impiegati in diverse parti della Cina. Secondo quanto riferisce il sito di Radio Free Asia, gli operai di una fabbrica di acciaio nella provincia sud occidentale del Sichuan, la Pangang Steel, hanno iniziato a scioperare dalla mattina dello scorso 4 gennaio contro salari troppo bassi e difficili condizioni di lavoro. ”Dopo che gli operai del gruppo Chuanhua di Chendu – ha detto Pu Fei, portavoce di un gruppo che opera a tutela dei diritti umani nella provincia del Sichuan – sono riusciti ad ottenere aumenti di stipendio di circa 400-500 yuan al mese (circa 50 euro, ndr), ora anche gli operai della Pangang hanno deciso di fare lo stesso”. Secondo Pu Fei, gli operai della fabbrica di acciaio scesi in piazza guadagnano mediamente 1.500 yuan al mese (poco piu’ di 150 euro) ma chiedono di poter arrivare almeno a 2.000. I responsabili della fabbrica non hanno finora commentato l’accaduto. Non e’ chiaro quante persone abbiano partecipato alla protesta anche se testimoni oculari parlano di diverse decine di migliaia. E intanto notizie di altre proteste giungono dalla citta’ meridionale di Wuzhou dove gli operai di una fabbrica di giocattoli avrebbero iniziato a scioperare contro i tagli dei bonus di fine anno e contro arretrati ancora non pagati. Sembra tuttavia che in questo caso la protesta sia gia’ velocemente terminata con la decisione dei vertici dell’azienda di pagare gli operai. Sulla rete sono apparse anche immagini di manifestazioni a Wuxi, alla fabbrica del gruppo Xiao Tian anche se un impiegato, contattato telefonicamente, ha affermato che la situazione e’ tornata sotto controllo e che tutti sono tornati al lavoro.

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Oltre 1000 operai navali protestano per stipendi

Gli operai di un cantiere navale nel sud della Cina hanno iniziato a scioperare per protestare contro mancati pagamenti di stipendi. Oltre mille tra i dipendenti del cantiere navale Guanhai a Fuzhou, nella provincia cinese meridionale del Fujian, lunedì hanno bloccato gli ingressi del cantiere occupando e bloccando la strada per diverse ore. Secondo quanto riferiscono alcuni siti che si occupano dei diritti dei lavoratori, essi lamenterebbero di non venire pagati da oltre tre mesi e che i responsabili del cantiere si sarebbero rifiutati di dare loro gli arretrati nonostante le loro continue richieste e sollecitazioni. Lo sciopero ha paralizzato il traffico per diverse ore. Secondo alcuni testimoni si sarebbero verificati anche scontri con la polizia, intervenuta sul posto. Interpellati i vertici del cantiere hanno invece sostenuto che l’accordo sugli arretrati è stato raggiunto, che il problema è superato e che la fabbrica ha ora deciso di pagare gli stipendi direttamente ai suoi dipendenti e non, come finora era accaduto, tramite i committenti. “Sappiamo che alcuni nostri committenti spesso non pagavano i lavoratori – ha detto Long, uno dei responsabili del cantiere navale – il problema era nato da questo”. Con la crisi, molti cantieri navali cinesi, che negli anni scorsi hanno varato il maggior numero di navi per clienti di tutto il mondo, stanno chiudendo per mancanza di commesse.

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