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Per Ceo Banca Intesa, immagine Italia in Asia è migliorata

La percezione che si ha in Asia dell’ Italia e dell’ Europa è molto migliorata rispetto ad un anno fa, quando prevalevano le previsioni catastrofiche sul futuro dell’ eurozona. La ha affermato il Ceo di Banca Intesa San Paolo, Enrico Tommaso Cucchiani parlando oggi a Pechino con un gruppo di giornalisti italiani. La riunione di Tokyo del Fondo Monetario Internazionale della settimana scorsa, alla quale Cucchiani ha partecipato nell’ ambito di un viaggio asiatico che l’ ha portato anche a Singapore, Hong Kong e Cina, ha segnato da questo punto di vista “un’ inversione di tendenza”, secondo il dirigente di Banca Intesa. Cucchiani ha aggiunto di aver rilevato nei suoi interlocutori cinesi un atteggiamento “costruttivo” verso il nostro Paese, con un forte interesse per il settore delle infrastrutture. “L’ immagine dell’ eurozona è cambiata per una serie di ragioni”, ha proseguito, tra cui “le dichiarazioni del governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi”, che ha affermato che la Bce avrebbe fatto “tutto quello che è necessario” per salvare l’ euro; i pronunciamenti a favore di una maggior integrazione europea dei principali leader politici dell’ Unione; e la revisione delle proprie previsioni catastrofiste da parte di molti “guru” dell’ economia. “Veniamo in Asia e in Cina – ha concluso Cucchiani – per tranquillizzare i nostri interlocutori, tra i cui i possibili investitori in Italia ma anche per imparare quello che c’ è da imparare da Paesi che forse perché hanno imparato dai nostri sbagli, forse perché sono alla prima generazione (che conosce uno sviluppo di questa portata, ndr), forse per altre ragioni” hanno economie in forte crescita. Cucchiani ha spiegato l’ assenza della Cina alla riunione dell’ Fmi di Tokyo con l’ attuale crisi diplomatica tra i due Paese asiatici per le isole Senkaku/Diaoyu ed ha aggiunto che “sarebbe stato preferibile che non si fosse verificata”.

fonte: ANSA

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Il G20 struttura oboleta per Tremonti

Il G20 e’ riuscito a gestire la crisi finanziaria degli anni scorsi ma la sua struttura politica e’ diventata ”improvvisamente obsoleta” e deve cambiare, se vuole essere pronto ad affrontare le sfide dei prossimi anni. Lo ha affermato il ministro dell’economia Giulio Tremonti parlando con i giornalisti oggi a Pechino. Il ministro ha preso parte, ieri, al seminario del G20 sul sistema monetario internazionale che si e’ svolto a Nanchino, nel sud della Cina. E visto che si trovava in Asia, Tremonti ha colto l’ occasione per lanciare un’ ammonizione: ”la catena delle rivolte iniziata nel mondo arabo”, ha detto, ”e’ una delle conseguenze della crisi, della speculazione che ha approfondito le disuguaglianze di reddito e arrivera’ anche in Asia”. ”Per fermarla – ha proseguito – non serve limitare la circolazione delle informazioni su Internet ma bisogna limitare le diseguaglianze”. Impossibile non cogliere il riferimento alla Cina che, spaventata dal possibile ”contagio” ha dato vita a partire da febbraio ad un’ ondata di repressione che i gruppi umanitari definiscono la ”peggiore dai tempi della rivolta di Tiananmen”. Oltre a rafforzare i controlli su Internet, la Cina ha arrestato decine di dissidenti e almeno 24 persone, tra cui alcuni degli avvocati impegnati per i diritti umani piu’ in vista di Pechino sono ”scomparse” da quasi due mesi. Secondo Tremonti i punti deboli del ”sistema” basato sul G20 sono cinque: In primo luogo, la struttura ‘obsoleta’ che non rappresenta in modo adeguato l’ Africa e il Mondo Arabo; inoltre, e’ basato troppo sulle Nazioni, mentre ”la globalizzazione e’ il confronto tra masse continentali”; non e’ omogeneo perche’ la Cina ha un’ economia ”molto efficiente” ma non di mercato, ”influenzata fortemente da considerazioni politiche e strategiche”; quarto, una rilevate parte della finanza privata, la cosidetta ”shadow finance” e’ ancora ”fuori da tutte le regole”. Infine, ha aggiunto Tremonti, la vecchia crisi e’ stata contenuta con il debito pubblico, ”una medicina che non sara’ piu’ disponibile” quando scoppiera’ la nuova crisi, che il G20 dovrebbe essere in grado di prevedere e di governare. Il ministro ha aggiunto di essere ”abbastanza vecchio” per ricordare il G7, che ”era una struttura politica che usava la stessa lingua, l’ inglese, la stessa valuta, il dollaro, e lo stesso sistema politico, la democrazia occidentale”. Un’ omogeneita’ che manca al G20, il nuovo governo dell’ economia globale.

fonte: ANSA

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E’ guerra dei cambi tra Ue e Asia, Cina richiamata su yuan

La Cina deve rispettare gli impegni presi, perche’ la rivalutazione dello yuan non e’ in linea con le attese. E mette seriamente a rischio la ripresa in Europa. Non usano giri di parole i vertici della zona euro, che di primo mattino a Bruxelles, a margine del vertice Asem, hanno incontrato il premier cinese Wen Jiabao. Constatando – ha ammesso Juncker – la permanenza di una ”divergenza di analisi” sull’attuale situazione dei tassi di cambio. Alla ‘trojka’ della moneta unica – il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, quello della Bce, Jean-Claude Trichet, e il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn – non sono andate giu’ le parole espresse ieri proprio da Wen Jiabao che – nonostante l’asfissiante pressing di Ue ed Usa – aveva ribadito la posizione del suo governo e delle autorita’ monetarie cinesi: non ci sara’ nessuna particolare rivalutazione dello yuan, perche’ i tassi di cambio delle principali valute vengono ritenuti da Pechino ”relativamente stabili”. Se non proprio una ‘guerra dei cambi’, dunque, quello che si sta consumando in queste ore tra le autorita’ di Eurolandia e quelle cinesi e’ un vero e proprio braccio di ferro dagli esiti incerti. E l’incontro di stamattina ne e’ la conferma. Trichet e Juncker, nel corso di una conferenza stampa, hanno parlato di riunioni costruttive con gli ”amici cinesi” (quella con Wen Jiabao era stata preceduta ieri da quella con il ministro delle finanze cinese, Xie Xuren, e il governatore della Banca del Popolo della Cina, Zhio Xiaochuan). Ma sia Trichet sia Juncker sono stati piu’ che mai categorici: ”La flessibilita’ dello yuan – ha detto il presidente della Bce – dovrebbe riflettere i fondamentali dell’economia. E l’evoluzione del tasso di cambio della moneta cinese non e’ stata esattamente quella che avevamo sperato”. Il messaggio di Trichet a Pechino e’ dunque molto chiaro: ”E’ molto importante che gli impegni presi a giugno siano confermati e trasformati in azioni politiche concrete”. Ancor piu’ esplicita la risposta del presidente dell’Eurogruppo al premier cinese: ”Lo yuan resta sottovalutato e serve un apprezzamento graduale”. Del resto – ha sottolineato, ”c’e’ ancora da sfruttare al massimo il potenziale della decisione presa dalle autorita’ cinesi a giugno per una politica dei cambi piu’ flessibile”. Anche perche’ questo ”aiuterebbe anche lo sviluppo di una crescita globale piu’ equilibrata”. Il problema della crescita agita particolarmente l’Europa, su cui grava ancora l’incertezza legata ai rischi sui debiti sovrani. Juncker, Trichet e Rehn hanno detto di apprezzare l’intervento della Cina, pronta a comprare i titoli publici greci e a proporsi come ‘salvatrice’ di altri Paesi che dovessero trovarsi in gravi difficolta’, mettendo a disposizioni le sue enormi riserve monetarie. Ma – ha sottolineato Rehn – ”’se il tasso di cambio tra yuan ed euro resta sproporzionato, questo puo’ indebolire la ripresa della zona euro”. Soprattutto – ha aggiunto Juncker – se il governo di Pechino non decidera’ di ”bilanciare la crescita del Paese in modo che ne risulti accresciuta la domanda interna” rispetto al ruolo predominante dell’export. Domani – sempre a Bruxelles – il vertice Ue-Cina. Nella speranza che il braccio di ferro non si trasformi in vera e propria ‘guerra dei cambi’.

fonte: ANSA

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Donne in Asia? Non pervenute

Ben 85 milioni di bambine e ragazze erano considerate “scomparse” in India e Cina tre anni fa. Questo dato è contenuto in un rapporto reso noto oggi a New Delhi dal programma dell’Onu per lo sviluppo (Undp) e dedicato alla discriminazione sessuale in Asia. “Nel 2007 – si legge nel documento – il numero di donne e ragazze che si consideravano scomparse, vittime di trattamenti discriminatori nell’accesso alla salute o all’alimentazione, o che erano state eliminate prima della nascita, era vicino a 100 milioni in sette paesi asiatici”, area in cui India e Cina giocano la parte del leone. Il rapporto, presentato dal numero uno dell’Undp, la neozelandese Helen Clark, evidenzia come la strage silenziosa di bambine in Asia sia in crescita, nonostante i progressi economici in atto nella regione. Secondo gli esperti dell’Onu, inoltre, “la segregazione e gli abusi quotidiani mettono a rischio la stessa sopravvivenza delle donne nella regione dell’Asia-Pacifico, dove esiste uno dei più bassi livelli di presenza femminile nella politica, nel mondo del lavoro e nella proprietà immobiliare”. La discriminazione sessuale ha anche un “costo” per l’economia nazionale. Secondo stime, conclude lo studio, “il Pil dell’India potrebbe aumentare dal 2 al 4% l’anno se si aumentasse il tasso di occupazione femminile al 70%, come avviene in molti Paesi sviluppati”. In Paesi come India o Pakistan, invece, meno del 35% delle donne sono retribuite per il loro lavoro. Per lo stesso rapporto, la condizione femminile in Asia é una delle peggiori al mondo nonostante i passi da gigante fatti nel settore economico. Il quadro tracciato dagli esperti dell’Onu è allarmante soprattutto in Asia Meridionale dove “molti indicatori sono spesso simili o addirittura più bassi di quelli dell’Africa sub-sahariana”. In particolare, preoccupa il tasso di scolarizzazione delle bambine inferiore a quello dei maschi e il divario nella partecipazione delle donne nei parlamenti nazionali. “Quasi metà delle donne adulte nel Sud dell’Asia sono analfabete”, si legge nel rapporto che evidenzia anche come l’aspettativa di vita femminile sia di cinque anni inferiore a quella degli uomini e come solo il 7% delle donne della regione Asia-Pacifico risulti proprietario di un appezzamento agricolo. “Se una donna possiede una casa o un terreno è più protetta”, ha detto l’amministratore dell’Unpd, Helen Clark, presentando il rapporto che chiede ai governi riforme in materia di successione ereditaria, violenze domestiche e quote rosa nelle assemblee legislative. Nei Paesi che emergono da conflitti armati come Nepal, Sri Lanka, Timor Leste, la partecipazione femminile è aumentata grazie all’introduzione di politiche affermative, ma non si può dire lo stesso per altre nazioni dove il ruolo della religione é molto forte come il Pakistan. “Da quando è iniziato il conflitto armato tra governo e integralisti islamici, c’é stato un deterioramento della condizione femminile dovuta all’aumento del fanatismo religioso – ha detto all’ANSA Ghazi Salahuddin, direttore editoriale di GEO Tv – secondo il quale le donne pachistane sono le vittime più vulnerabili della crisi economica e della mancanza di libertà civili”. Salahuddin ha sottolineato il ruolo delle tv private che negli ultimi anni hanno dedicato spazio e attenzione alle tematiche femminili. “Tuttavia – ha concluso – c’é molta resistenza da parte della società che ha un’idea distorta dell’emancipazione femminile come elemento di corruzione occidentale”.

fonte: ANSA

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