Continua l’azione di repressione del governo cinese nei confronti di dissidenti, giornalisti e avvocati. Secondo quanto riferisce il sito di Radio Free Asia, in prossimità dell’apertura dell’assemblea nazionale del popolo, il parlamento di Pechino, diversi dissidenti sono stati bloccati, portati in carcere o messi agli arresti domiciliari. Tra questi Liu Feiyue, fondatore di un gruppo per la tutela dei diritti umani nella provincia dell’Hubei, arrestato dopo essersi rifiutato di adeguarsi alla richiesta della polizia di non pubblicare articoli online. Intanto a Pechino, l’attivista Hu Jia, che è tenuto agli arresti domiciliari durante la sessione del parlamento,, ha fatto sapere che un’altra attivista, Liu Sinna, più conosciuta come Liu Shasha, è stata fermata e portata in un centro di detenzione della capitale. ”Liu è molto attiva sia nel Guangdong sia a Hong Kong – ha detto Hu – non so ora che futuro la aspetti ma ogni giorno in un centro di detenzione è come fosse un anno. E’ veramente deprimente essere rinchiusi per questo tipo di accuse, è una cosa straziante”. Il marito di Liu, anch’egli molto attivo specie per la questione delle isole contese col Giappone, è a sua volta in carcere a Shezhen con il sospetto di aver attraversato illegalmente il confine tra Cina e Hong Kong. Intanto, durante i lavori dell’assemblea, la sicurezza nella capitale è stata blindata. Alcuni residenti hanno testimoniato che appena viene individuato un potenziale manifestante o una persona che si lamenta o critica il governo, viene immediatamente arrestato. Nel frattempo un gruppo di avvocati, accademici e giornalisti, ha scritto una lettera aperta all’assemblea del popolo auspicando il rilascio degli attivisti del movimento ‘New Citizens’ che si battono contro la corruzione nei ranghi della nomenklatura politica ed economica.
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Triplicati in Cina, nel 2013, arresti e sparizioni di dissidenti
Il numero degli arresti e delle misteriose sparizioni di dissidenti e di persone che in vario modo hanno criticato il governo cinese è triplicato nel 2013 rispetto all’anno precedente. A rivelarlo è un rapporto dell’organizzazione China Human Rights Defenders (CHRD), secondo quanto riferisce il sito di radio Free Asia. I dati resi noti infatti parlano di oltre 220 detenzioni oltre a un cospicuo numero di persone delle quali non si hanno più notizie. ”Il 2013 – ha detto l’avvocato Teng Biao che si occupa di tutela dei diritti umani – ha visto la più dura repressione dei diritti umani degli ultimi anni”. Il rapporto, intitolato ”Un anno da incubo sotto il sogno cinese di Xi Jinping”, evidenzia come decine di attivisti cinesi abbiano descritto il 2013 come l’anno peggiore per i diritti umani da diversi anni a questa parte (un altro anno ”difficile” in tal senso era stato il 2008 quando in prossimità delle olimpiadi erano stati ulteriormente stretti i cordoni e limitate le varie forme di libertà). Secondo il rapporto, infatti, con l’avvento di Xi Jinping, il governo di Pechino ha ulteriormente ridotto la libertà di associazione, di espressione e ha anche intensificato i controlli su internet inasprendo la censura. Intanto, in concomitanza con l’apertura della sessione annuale del parlamento, le famiglie delle vittime della strage di piazza Tiananmen hanno chiesto, ancora una volta, giustizia per il sangue versato dai loro cari nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989. ”Vogliamo continuare a far sentire il governo responsabile – ha detto a Radio Free Asia Ding Zilin, fondatrice del gruppo delle madri di Tiananmen – io penso che abbiano perso i loro riferimenti morali e qualsiasi forma di coscienza. Noi abbiamo perso tutto, i nostri cari e la nostra libertà ma abbiamo conservato il nostro giudizio morale e la nostra coscienza”.
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Aumentano arresti per “minaccia alla sicurezza di Stato”
Oltre mille persone sono state arrestate l’anno scorso in Cina con l’accusa di aver ‘minacciato la sicurezza dello Stato’, con un aumento del 19% sull’anno precedente. Lo afferma l’organizzazione umanitaria Dui Hua (dialogo), che cita la pubblicazione ufficiale China Law Yearbook. Secondo l’organizzazione il 75% dei processi per questo reato hanno avuto luogo nel Xinjiang, la regione abitata dalla minoranza etnica degli uighuri, di religione islamica. Sempre nel Xinjiang, l’anno scorso si sono verificati 190 episodi di ‘separatismo’. Anche la minoranza etnica dei tibetani, prosegue Dui Hua, è stata fortemente colpita dai processi per ‘separatismo’. L’organizzazione sottolinea che questa accusa viene di solito rivolta a esponenti delle minoranze etniche, mentre i cinesi di etnia han vengono di solito accusati di ‘incitamento alla sovversione’. Il reato di ‘minaccia alla sicurezza dello Stato’ è stato introdotto nella legislazione cinese nel 1993, in sostituzione di quello di ‘crimini controrivoluzionari’.
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Attivisti denunciano persecuzione figlia dissidente
Attivisti cinesi che hanno cercato di scortare a scuola la figlia di un dissidente sono stati aggrediti da un gruppo di persone in borghese, forse agenti di polizia. Lo scrive la stampa di Hong Kong. La persecuzione dei familiari dei dissidenti e’ una pratica abituale della polizia cinese che in questo caso, secondo le denunce degli attivisti, avrebbe impedito a Zhang Anni, figlia del dissidente Zhang Lin, di frequentare la scuola. I fatti sono avvenuti nei pressi della scuola elementare Hupo nella citta’ di Hefei, nella Cina centrale. Un gruppo di alcune decine di attivisti stava scortando la ragazzina a scuola, ha raccontato lo stesso Zhang, quando sono stati aggrediti da un gruppo di persone in borghese che non si sono identificate. In seguito, quando sul posto arrivati poliziotti in divisa, gli aggressori si sarebbero qualificati come agenti, sempre secondo i dissidenti. Zhang Lin, 50 anni, ha preso parte al movimento di piazza Tiananmen del 1989 e ha trascorso in prigione 13 anni, a diverse riprese, sempre accusato di ”sovversione”.
fonte: ANSA
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Difetta setta Falun Gong, avvocato aggredito da polizia
Un avvocato cinese impegnato sul terreno dei diritti umani è stato aggredito e picchiato da agenti di polizia a Dalian, nel nordest della Cina, dove si era recato per difendere alcuni detenuti appartenenti alla setta religiosa del Falun Gong. Lo ha denunciato lo stesso avvocato, Cheng Hai. L’ avvocato ha precisato che ad aggredirlo sono stati agenti in divisa. “E’ caso grave, nel quale la legge cinese viene ignorata e violata”, ha commentato l’avvocato. L’episodio avviene alla vigilia della prima visita in Cina del segretario di Stato americano John Kerry, che arriva domani dopo aver visitato Seul e prima di recarsi a Tokyo. L’ organizzazione umanitaria Human Rights Watch e il governo tibetano in esilio che ha la sua sede in India hanno chiesto al segretario di Stato di sollevare con i suoi interlocutori cinesi i problemi dei diritti umani e della condizione delle minoranze etniche e religiose. Il Falun Gong è una setta filosofico-religiosa che è stata messa fuorilegge nel 1999, dopo che l’allora presidente Jiang Zemin la definì un “culto maligno”.
fonte: ANSA
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Intelelttuali chiedono ratifica del trattato internazionale per i diritti umani
Un gruppo di oltre cento intellettuali cinesi ha inviato una lettera aperta all’ Assemblea Nazionale del Popolo (Npc nella sigla inglese), che dal 5 marzo si riunisce a Pechino per la sua sessione annuale. Con la lettera, gli intellettuali chiedono all’Npc, che ha, pur con molte limitazioni, la funzione di un Parlamento, di ratificare l’International Covenant on Civil and Political Rights – il trattato internazionale sui diritti umani e civili, che già è stato firmato da 167 Paesi dell’ Onu. La Cina, uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, lo ha sottoscritto nel 2001 ma ancora non lo ha ratificato. Tra i firmatari della lettera aperta figurano l’ economista Mao Yushi, lo scrittore Wang Lixiong e gli avvocati Pu Zhiqiang e Xu Zhiyong.
fonte: ANSA
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Rilasciati dalle carceri nere migliaia di postulanti
Un numero imprecisato, forse alcune centinaia, di ”postulanti” cinesi sono stati rilasciati tra ieri e oggi dalle ”carceri nere” – cioe’ illegali – nelle quali erano detenuti a Pechino. La notizia e’ stata diffusa oggi da alcuni media cinesi ed e’ circolata largamente su internet, ma i suoi contorni sono confusi e sembra almeno in parte frutto della propaganda tesa ad enfatizzare i cambiamenti che si stanno verificando dopo la salita al potere, il mese scorso, del nuovo gruppo dirigente cinese guidato dal nuovo segretario del Partito Comunista Xi JInping, che e’ anche presidente della potente Commissione militare centrale e che la prossima primavera dovrebbe essere eletto presidente della Repubblica Popolare. Il Tianwang Human Rights Centre di Chengdu (Cina sudoccidentale) ha diffuso la notizia con grande rilievo, affermando che le persone rilasciate erano settantamila. ”Mi sembra inconcepibile – ha affermato un reporter che oggi ha visitato la ”prigione nera” in questione – 70mila persone sono quelle che possono essere contenute dal Nido d’Uccello (il futuristico stadio olimpico della capitale cinese)”. In seguito lo stesso Tianwang ha ridimensionato la portata della notizia, affermando che la cifra di settantamila persone ”non e’ sicura”. Altre fonti affermano che ieri un migliaio di ”postulanti” sono stati arrestati nei pressi della centrale piazza Tiananmen e della sede della televisione di Stato, la China Central Television (Cctv), dove volevano protestare in occasione del cosiddetto ”Giorno del diritto”, proclamato da alcune organizzazioni non governative. Gli arrestati sarebbero stati rilasciati tra ieri e oggi. Ogni anno migliaia di ”postulanti” vengono a Pechino dalle province della Cina per protestare contro le ingiustizie che ritengono di aver subito dalle autorita’ locali. Nella capitale esiste un ufficio addetto a ricevere le loro ”petizioni” al governo centrale. Si tratta di un’istituzione della Cina imperiale che ha resistito fino ai nostri giorni. I ”postulanti” sono spesso seguiti da poliziotti delle loro province, che li intercettano per impedire che discreditino i loro capi davanti agli ”imperatori” di Pechino. I malcapitati vengono spesso detenuti illegalmente nelle cosiddette ”prigioni nere” – spesso degli appartamenti affittati dai poliziotti – al di fuori di qualsiasi controllo, prima di essere forzatamente riportati nei loro luoghi d’origine.
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Carne di maiale venduta come organica al Wal-Mart, chiusure ed arresti
La polizia di Chongqing ha arrestato in maniera definitiva due dipendenti della Wal-Mart la catena di supermercati americani nei cui negozi della città sud occidentale cinese era stato trovato maiale etichettato come organico e che invece non lo era. Lo riferisce l’agenzia Nuova Cina. A causa di questo scandalo, la polizia locale ha chiuso 13 supermercati della catena americana per 15 giorni, infliggendo una multa di oltre 300 mila euro. Trentasette i dipendenti che sono stati implicati nello scandalo con 25 trattenuti dalla polizia, sette agli arresti domiciliari, tre rilasciati su cauzione e due detenuti con gravi accuse dopo essere stati condannati per direttissima. Oltre 63.000 i chilogrammi di maiale falsamente etichettati venduti negli ultimi due anni nei supermercati Wal-Mart a Chongqing, che hanno generato un guadagno di oltre 80 mila euro. La polizia sta ancora investigando per capire se anche i manager della società siano implicati nello scandalo.
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Oltre 2000 arresti in operazione anti-triadi
La polizia cinese ha arrestato circa 2200 sospetti mafiosi in una serie di retate compiute in diverse zone del paese a partire dal primo settembre. Lo ha affermato oggi il ministero della pubblica sicurezza in un comunicato diffuso sul suo sito web. Secondo il comunicato le operazioni contro le “triadì, – le società segrete criminali – sono state realizzate nelle province dell’ Hebei, Jiangsu, Zhejiang, Fujan, Hunan e Guangdong. Scopo dell’ offesnvia, precisa il ministero, è quello di eliminare gli “ombrelli protettivi” delle organizzazioni criminali (cioé i funzionari governativi che le proteggono) e di colpire le loro fonti di finanziamento. Nelle operazioni antimafia condotte in Cina a partire dal 2006 sono stati arrestati decine di funzionari. Il caso più eclatante è quello di Wen Qiang, ex-capo dell’ ufficio giudiziario della metropoli meridionale di Chongqing, condannato a morte (é stato ucciso lo scorso luglio) perché riconosciuto colpevole di collusione con una delle triadi cittadine.
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La Cina ha ancora molta strada da fare sui diritti civili
La Cina ha ancora ”molta strada da fare” prima che i ”diritti umani siano goduti pienamente da tutti i cittadini. Lo ha sostenuto Wang Chen, direttore dell’ ufficio informazioni del governo di Pechino, in un recente intervento pubblicato oggi integralmente dal quotidiano China Daily. La Cina e’ sotto accusa da parte delle organizzazioni umanitarie per l’ ondata di repressione lanciata a partire dalla fine dell’anno scorso che ha portato in prigione o alla detenzione extragiudiziale di decine di dissidenti e critici del sistema a partito unico. Wang mette l’ accento sui diritti umani intesi come condizioni di vita materiale, e ricorda che negli ultimi due anni il livello di vita della popolazione e’ migliorato, che i ”poverissimi” sono diminuiti ”fino a diventare 26,88 milioni con una riduzione di 13,19 milioni rispetto alla fine del 2008”. Il direttore dell’ufficio informazione sottolinea anche che sono stati ridotti i reati per i quali si puo’ comminare la pena di morte, che rimane largamente usata. La Cina, ricorda Wang, ”e’ un Paese in via di sviluppo con una vasta popolazione, risorse pro capite insufficienti e uno sviluppo economico e sociale squilibrato”, e queste difficolta’ rallentano i suoi ”sforzi” per garantire ai cittadini il rispetto dei loro diritti di base. Wang ha anche annunciato un nuovo ”piano d’ azione per i diritti umani” per gli anni 2012-2015 sottolineando che il governo ”continuera’ a seguire la strada del socialismo con caratteristiche cinesi”.
fonte: ANSA
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