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Un uomo gira la Cina dal 2007 in cerca del figlio scomparso

Un uomo cinese sta girando dal 2007 tutto il paese alla ricerca di suo figlio scomparso nel nulla. Lo racconta la Bbc. Xiao Chaohua, aveva un negozio di abbigliamento quando nel febbraio del 2007 suo figlio Xiaosong di cinque anni, scomparve nel nulla dalla loro cittadina nella provincia meridionale del Guangdong. Da allora, l’uomo non si è dato pace, spendendo migliaia di euro, vendendo il suo negozio e acquistano un camper con il quale gira il paese in cerca di suo figlio, distribuendo volantini e manifesti. Xiaosong è solo uno dei 20.000 bambini che ogni anno, 400 a settimana, secondo stime del Dipartimento di Stato Usa, vengono rapiti. I motivi: vengono sfruttati come mendicanti, venduti per adozioni o per il lavoro minorile, o, peggio, per il traffico di organi. I piccoli, soprattutto maschi, vengono venduti intorno ai 14 mila euro. Il primo caso portato all’attenzione dei media in Cina, fu 12 anni fa, quando nella provincia del Guangxi, fu scoperto dalla polizia un autobus con a bordo 28 bambini rapiti che erano stati drogati per stare tranquilli e con la testa dentro sacchetti di nylon. Oggi è la rete la nuova frontiera di questo criminale commercio. Nel febbraio scorso una operazione della polizia portò all’arresto di 1.094 persone e il salvataggio di 382 bambini, venduti on line per le adozioni.

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Adozioni sempre più difficili, aumentano vendite di bambini anche se in campo nuove regole

Solitudine, famiglie lontane, figlio unico. Tutti ingredienti che hanno portato ad un aumento in Cina del traffico di bambini, tanto da spingere il governo cinese ad adottare nuove e più stringenti contromisure. Pochi giorni fa, infatti, è stato emanato un nuovo regolamento che vieta a chiunque di prendere un bambino abbandonato senza essere passato per le normali vie degli orfanotrofi. Quello che ai più sembra scontato, in Cina non lo era. La vastità del paese, l’assenza di un welfare capillare in questo campo, l’assenza di strutture ricettive per bambini abbandonati, le migrazioni di molti lavoratori nelle grandi città costretti a lasciarsi dietro bambini e la legge del figlio unico, hanno aumentato il numero dei bambini abbandonati o, comunque, che non vivono con i genitori. Secondo alcune statistiche, ci sarebbero almeno 58 milioni di bambini nati in aree rurali lasciati a parenti o amici dai genitori andati a lavorare nelle città. Spesso questi non tornano e i bambini vengono di fatto adottati, dall’altra famiglia, ma più spesso venduti. Secondo altre statistiche sono almeno 200.000 i bambini che spariscono ogni anno in Cina che, probabilmente, vanno ad ingrossare il traffico di minori. La mossa del governo, che obbliga tutti a denunciare alle autorità un bambino abbandonato vietando di tenerlo per se, arriva soprattutto dopo che lo scorso gennaio sei bambini, ospiti di un orfanotrofio illegale, morirono nell’incendio della struttura. Da oggi, le adozioni possono avvenire solo tramite strutture pubbliche, che però sono insufficienti e piene di bambine e di piccoli malati. Già perché anche se la legge del figlio unico permette deroghe a coloro che hanno avuto il primo figlio malato concedendo la possibilità di concepirne un secondo, sono in molti quelli che abbandonano i malati non essendo in grado di mantenerne due. Stesso discorso per le bambine. Il tutto, alimenta il mercato nero. Secondo un’inchiesta della radio nazionale cinese, il costo di un bambino va dai 24.000 ai 100.000 yuan, (tra i 3.000 e gli 11mila euro circa). Le bambine costano meno, i maschietti in salute, di più. Il mercato si sviluppa nei modi più vari: dagli annunci sui giornali a quelli negli ospedali, fino alla rete. Qui sono nati molti forum dove il mercato è spesso senza censure, anche se illegale. Qui si incontrano la disperazione di madri che non possono mantenere i figli e la domanda di coppie che aspettano tempi lunghissimi per adottare figli, a causa della carenza di strutture e, soprattutto, di bambini sani negli orfanotrofi. Il mercato interessa anche gli stranieri. La Cina è il primo paese per le adozioni di bambini da parte di coppie statunitensi. Nel 2012, degli 8.688 bambini stranieri adottati da americani, 2.697 erano cinesi. Gli americani attendono circa 267 giorni per adottare un bambino cinese e spendono in media 15.600 dollari. Troppo per le casse di molti cinesi medi. Per questo, oltre al fatto che in tanti hanno fiutato l’affare e vendono a metà prezzo a stranieri i loro figli, tanti cinesi si lamentano su internet che, dal momento che gli americani spendono molto, i bambini non vengono fatti adottare in patria ma dati all’estero per guadagnarci di più.

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Indagine su funzionari che vendevano bambini

Le autorità cinesi stanno indagando su un traffico di bambini che ha coinvolto alcuni funzionari governativi nella provincia dello Hunan. Lo riferisce il Global Times. Secondo l’accusa, negli ultimi dieci anni dei funzionari dell’ufficio di pianificazione familiare di Shaoyang hanno preso almeno una ventina di bambini dalla contea di Longhui, bambini nati al di fuori della regola del figlio unico e poi ceduti ad un centro per le adozioni. I bambini, venduti per 3.000 dollari l’uno (mentre ai funzionari andavano circa 130 euro l’uno), sono stati già adottati e vivono in diverse parti del pianeta. I funzionari si sono giustificati dicendo di aver fatto del bene visto che le famiglie non avrebbero potuto sostenere le multe per aver messo al mondo figli oltre al primo, ma molte famiglie hanno denunciato che sono stati presi anche i loro figli unici. Già nel 2005 si era cominciato a parlare di un caso analogo. L’area dalla quale provengono i bambini venduti si trova sotto la soglia di povertà e conta oltre un milione di abitanti.

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Boom di adozioni dalla Cina

Un anno e mezzo fa i primi arrivi. Ed ora è quasi boom per i bambini cinesi adottati in Italia, già un centinaio da marzo 2009, quando entrarono nel nostro paese i primi bambini italiani con gli occhi a mandorla. “Sono cifre importanti, molto buone” nel panorama delle adozioni internazionali, dicono concordemente i tre enti italiani autorizzati in Cina (Aibi, Ciai, Cifa onlus) che contano, al momento, circa 250 coppie in attesa di figli adottivi dal Paese del Sol Levante. Qualche decina di queste coppie, soddisfaranno le loro aspettative entro l’anno. Con la Cina, l’Italia ha stipulato un accordo bilaterale in tema di adozioni. E questi sono i primi risultati. Unico neo, i tempi. In Cina per le adozioni vige un doppio canale per altrettante liste di bambini adottabili. C’é un canale ‘normale’ (per bambini sani e piccoli) e quello per gli ‘special needs’, ‘bisogni speciali’, in cui sono inseriti bambini grandicelli (da 7-8 anni in su) o con patologie o problemi particolari. Per quest’ultima lista, i tempi di attesa sono brevi, anche 6-8 mesi; per la prima non meno di tre anni. A parte i primi 20, in Italia sono arrivati solo bambini ‘special needs’. E così sarà almeno fino al 2013. Sono bambini in età scolare o malati. Per lo più hanno patologie non gravi e superabili; ad esempio, sono nati col labro leporino, con malattie cardiologiche reversibili o con arti deformati che necessitano di intervento chirurgico. Dalle coppie italiane, anche opportunamente selezionate e preparate, la disponibilità ad accogliere anche un bambino con qualche problema non è un ostacolo. Gli enti sono convinti che una volta arrivati a regime, dopo i primi tre anni, il numero di bambini cinesi che diventeranno italiani potrebbe essere di tutto rispetto e concorrere con paesi come la Colombia o l’Ucraina che al momento rientrano fra i paesi da cui proviene il maggior numero di bambini adottati. “E’ un paese che promette bene – dice Gianfranco Arnoletti, presidente di Cifa onlus che ha avviato i rapporti con la Cina nel 2010 e che al momento registra 38 adottati – del resto i numeri cinesi sono grossi. C’é poi da dire che i rapporti sono buoni, corretti, precisi”. “Si lavora molto bene con la Cina – rileva Graziella Teti, responsabile adozioni del Ciai (24 piccoli cinesi adottati) – sono organizzati, hanno procedure standardizzate e le incognite non esistono. Tuttavia, di contro a questi aspetti positivi, capita che di fronte ad ulteriori richieste di informazioni, ad esempio, sulle condizioni fisiche del bambino nascano difficoltà perché la richiesta esce dagli schemi consueti. Rispetto al numero di adozioni, che ora è molto alto per noi, l’Italia è in linea con l’andamento degli altri paesi”. Fra l’altro – prosegue – “la Cina è il paese che permette il maggior numero di adozioni, circa 3.500 l’anno. Per questo c’é un grande affollamento di richieste e lunghe liste di attesa. A regime i numeri aumenteranno in modo considerevole”. Ci vuole tempo per arrivare a regime. “In questi giorni – osserva Monica Colombo, responsabile adozioni dell’Aibi (36 gli adottati cinesi; a fine settimana saranno 38) – sappiamo dal Centro cinese adozioni che stanno abbinando bambini a pratiche inoltrate nel maggio 2006. Per il momento il numero di bambini adottati in Italia è molto buono ma è migliorabile. La Cina potrebbe diventare il primo paese di origine di bambini adottati in Italia. Anche le procedure sono buone, sono di tipo amministrativo e non giudiziario, le coppie restano nel paese solo 18-20 giorni”. Purtroppo i costi sono alti. Oltre alle spese di viaggio, alloggio e vitto, fino 9-10 mila euro per i complessi spostamenti interni, le offerte ‘pseudoturistiche’ (agli aspiranti genitori sono proposte visite in siti artistici) e donazioni all’istituto.

fonte: ANSA

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