Genocidio in Tibet, Spagna chiede arresto per Jiang Zemin e Hu Jintao

Non si ferma la sfida della magistratura spagnola alla Cina sul genocidio in Tibet: una raffica d’ordini d’arresto è scattata oggi nei confronti dell’ex presidente Jiang Zemin, tuttora influente ‘grande vecchio’ del partito comunista cinese, dell’ex premier Li Peng e di altri tre veterani della nomenklatura politica e militare di Pechino. Provvedimenti destinati a restare senza effetto, anche per la prossima approvazione in Parlamento di una riforma politica dell’applicazione del principio della giurisdizione universale, che porterà all’archiviazione di molte delle inchieste aperte dalla giustizia iberica sul fronte internazionale in materia di diritti umani. Ma che nondimeno rischiano di scatenare una nuova reazione politico-diplomatica da parte del ‘dragone’ cinese. Le ordinanze trasmesse dall’Audiencia Nacional all’Interpol prevedono – sulla carta – la detenzione in carcere, senza condizionale, nei confronti dei cinque ‘mandarini rossi’: accusati di genocidio per la repressione perpetrata dal regime nel Tibet dagli anni ’70 fino al 2005. Tutti potrebbero essere arrestati, a patto di prenderli, non appena fuori dal territorio cinese. L’inchiesta prende le mosse dalla denuncia presentata nel 2006 dal comitato di sostegno al Tibet, dalla Fondazione Casa del Tibet e dall’Associazione costituita da Thunten Wngchen Sherpa Sherpa, cittadino e ‘lama’ d’ origine tibetana, ma di nazionalità spagnola, parti civili nella causa. E già a novembre, quando i mandati di arresto furono annunciati, aveva provocato irritazione e pesanti pressioni da parte del governo di Pechino. Il giudice istruttore Ismael Moreno, che aveva inizialmente preso tempo, è stato tuttavia ‘costretto’ alla fine a formalizzare i provvedimenti, in esecuzione di quanto disposto dalla Sala Penale dell’alto tribunale spagnolo contro i cinque dirigenti cinesi, imputati per i reati di genocidio, torture e lesa umanità. Con Jiang e Li, sono accusati Oiai Shi, ex capo della sicurezza della Repubblica Popolare; Chen Kuiyan, segretario del Partito comunista in Tibet nel passato; e Peng Pelyun, ministro di Pianificazione familiare negli anni ’80. Presidente della Cina fra il 1993 e il 2003, Jang Zemin “esercitò autorità di supervisione sulle persone direttamente responsabili di atti di tortura e abusi dei diritti umani contro la popolazione tibetana”, si legge nel capo d’imputazione di Moreno. Jiang, stando alla denuncia dei querelanti, avrebbe inoltre promosso “attivamente politiche il cui obiettivo era popolare la regione autonoma del Tibet con una maggioranza di etnia Han, arrestare migliaia di tibetani e sottometterli ad abusi fisici e mentali”. Nell’inchiesta si fa poi riferimento a deportazioni, campagne di aborto e sterilizzazione forzati di massa, torture di dissidenti. In teoria, l’Audiencia Nacional potrebbe ora spiccare un analogo ordine d’arresto anche per l’ex presidente Hu Jintao. Ma sull’intero procedimento pende la proposta di legge presentata dal Partito Popolare (PP) del premier Mariano Rajoy per limitare gli spazi d’indagine della giustizia spagnola su reati commessi fuori del territorio nazionale. L’iniziativa, contenuta nel progetto di riforma complessivo dell’ordinamento giudiziario, sarà esaminata questa stessa settimana dal congresso dei Deputati, che si appresta ad approvarla grazie alla maggioranza assoluta del PP. Al riguardo, Amnesty International e altre 16 organizzazioni hanno rivolto giusto oggi un appello per chiedere che la giurisdizione universale sia invece mantenuta, per poter “perseguire reati come il genocidio, i crimini di guerra e contro l’umanità, le sparizioni e le torture” ovunque commessi nel mondo. Pena la resa “alle violazioni delle norme del diritto internazionale”.

fonte: ANSA

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