Attivista suicida in carcere, ma famiglia non ci crede

Per la polizia cinese Zhang Liangxian, un attivista morto in carcere, si sarebbe suicidato, ma la famiglia non ci sta e chiede verita’ e giustizia. Secondo quanto riferisce il sito di Radio Free Asia, la fidanzata e i familiari del trentaquattrenne attivista cinese sono convinti che dietro la morte del loro congiunto ci sia qualcosa di piu’. Zhang Liangxian, 34 anni, e’ morto nella citta’ di Loudi, nella provincia centrale cinese dell’Hunan mentre si trovava in carcere lo scorso 30 maggio. La polizia ha dichiarato che si e’ impiccato.”Ma ci sono un sacco di contraddizioni – ha spiegato la fidanzata dell’attivista, Wei – dal carcere mi hanno chiamato al mattino alle 9 dicendomi che Zhang voleva uccidersi ma poi dopo neanche due minuti hanno richiamato e hanno detto che era gia’ morto”. Secondo poi quanto ha riferito uno zio del defunto, la polizia ha chiamato alcuni parenti per andare ad effettuare il riconoscimento della salma ma non ha consentito loro di fare foto al corpo. I parenti inoltre hanno detto di aver notato strani lividi verdastri sul corpo e abrasioni sulle mani. ”Il rapporto fatto dalla polizia – ha commentato Zhang Shibin, zio dell’attivista – contiene alcuni elementi che ci hanno fatto sorgere molti dubbi. Parlano del fatto che si sia impiccato alla cornice di una porta che e’ alta 2 metri mentre lui era altro 1,74, toccava quasi con i piedi per terra. Inoltre dicono che ha usato per impiccarsi degli abiti arrotolati ma non e’ possibile perche’ aveva una maglietta a mezze maniche e un pantalone corto, gli mancavano i mezzi materiali per uccidersi in quel modo”. La morte di Zhang Liangxian ha fatto tornare alla mente un caso analogo, verificatosi esattamente un anno fa, nel giugno 2012, quello della morte dell’attivista Li Wangyang, suicidatosi, secondo le autorita’ cinesi, in un ospedale di Shaoyang, nella provincia meridionale dello Hunan. Alcune foto circolate su internet mostrarono Li Wangyang con una corda al collo ma con i piedi a terra, per cui anche in quel caso la famiglia penso’ ad una messinscena. Tuttavia due inchieste successive, condotte a seguito anche di numerose proteste di piazza ad Hong Kong, confermarono la tesi del suicidio.

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