Difficile il cammino della ribelle Wukan

A un anno dalle ‘vere’ elezioni che la popolazione di Wukan, il “villaggio ribelle” della Cina meridionale, si era conquistata con una dura battaglia contro gli speculatori e i politici corrotti locali, dire che l’atmosfera è di depressione non rende pienamente l’idea. Lin Zuluan (69 anni), il leader della rivolta e ora presidente del comitato di villaggio, e il suo giovane collaboratore Hongrui Chao (29), sembrano entrambi invecchiati di dieci anni. “Se mi ripresenterò alle prossime elezioni? E’ escluso, nessuno si mette in croce da solo”, afferma Lin. Hongrui gli fa eco: “Ho imparato molto in questo anno, per esempio che amministrare un villaggio è veramente difficile… quando ho cominciato ero pieno di gioia e di energia, ora mi sento stanchissimo, svuotato…”. Le terre espropriate per le quali è scoppiata la rivolta sono state recuperate solo in parte, e ancora devono essere redistribuite tra i circa 13 mila abitanti di questo paese di pescatori sulla costa meridionale della Cina, nella ricca provincia del Guangdong. Qualche settimana fa il nuovo comitato é stato contestato da decine di paesani che – ricorda Hongrui con un sorriso amaro – hanno sfasciato le vetrine dei loro uffici per dimostrare il loro malcontento. Per la Cina, le elezioni che si sono tenute il 5 marzo del 2012 erano state una novità assoluta: nessuna lista bloccata, nessuna pressione, tutto il processo autogestito. Risultato: oltre Lin e di Hongrui, altri cinque tra i leader della rivolta sono stati eletti nel nuovo comitato. Ad innescare la ribellione di Wukan, non dissimile da altre decine di migliaia che avvengono ogni anno nella Cina rurale, era stata la vendita di una vasta porzione di terra ad una grande impresa edile della vicina Hong Kong. In Cina, la terra è in teoria proprietà pubblica ma di fatto viene gestita dalle amministrazioni locali per le quali è spesso la principale fonte di reddito. Dopo la morte di uno dei leader della protesta, Xue Jinbo, mentre era nelle mani della polizia, la popolazione di Wukan cacciò i membri dell’allora comitato e il villaggio si autogestì per una decina di giorni mentre la polizia lo circondò, isolandolo dal resto del Paese. La situazione fu risolta dall’ intervento di Wang Yang, l’allora capo del Partito Comunista del Guangdong, che licenziò il vecchio comitato e concesse le elezioni, libere da interferenze. “Sono caduti in una trappola”, sostiene oggi la figlia di Xue Jinbo, Xue Jianwan, una ragazza di 22 anni molto popolare nel villaggio. “Il governo (della provincia, ndr) oggi chiede loro solo di mantenere la stabilità e non fa nulla per risolvere il problema della terra, e la rabbia popolare si dirige verso di loro, verso i membri del comitato che avevano promesso di restituirla”. I due membri del comitato non lo dicono ma uno di loro, il giovane Hongrui, esprime lo stesso concetto quando dice di sentirsi “come la fetta di carne di un hamburger”, presa tra le due grosse fette di pane. “I nostri compaesani pensano che si possa recuperare tutta la terra che è stata venduta negli anni passati, e questo non è vero”, spiega Lin Zuluan. “Solo una piccola parte è stata venduta in modo che si può dimostrare illegale (circa un terzo di quello che ritengono la maggior parte degli abitanti di Wukan, ndr). Anche ridistribuirla – aggiunge Hongrui – non è così facile. Bisogna stabilire chi ha diritto a cosa, ricostruire come stavano le cose prima delle vendite. E questo richiede tempo”. L’uno e altro affermano di avere la coscienza a posto e di aver fatto del proprio meglio. Hanno ancora un anno di tempo, poi dovrà essere eletto un nuovo comitato. “La soluzione? Sta in un compromesso – conclude Lin Zuluan – non si può insistere fino a portare il problema in un vicolo cieco”.

Beniamino Natale per l’Ansa

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