Successo per un museo della provincia meridionale del Guangdong che commemora le vittime della rivoluzione culturale. Lo riferisce il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post. Moltissimi i visitatori, provenienti anche dall’estero, molti dei quali discendenti dei milioni di cinesi morti in uno dei più oscuri periodi della storia cinese. Il Museo della Rivoluzione Culturale, che si trova a Shantou, ha avuto il suo picco massimo di visitatori lo scorso 8 agosto. “Per chi conosce bene i fatti storici – spiega Peng Qian, fondatore del museo e ex vice sindaco di Shantou – quella è una data importante, perché fu in quella data che nel 1966 la Commissione centrale del partito lanciò ufficialmente la rivoluzione culturale”. Il museo consiste in un edificio a tre piani disegnato sul modello del tempio del cielo di Pechino. Aperto al pubblico nel 2005, contiene fotografie, pitture, articoli e altri documenti di quel periodo (dal 1966 al 1976). Peng ha spiegato che l’idea di fondo è quella di fare in modo che soprattutto le nuove generazioni non dimentichino un capitolo tanto importante della storia recente del paese, imparando dagli errori del passato. “Il governo – ha concluso Peng – non ci ha creato problemi quando abbiamo deciso di aprire il museo, in quanto il partito ha già condannato la Rivoluzione culturale, ma non ha osato darci un vero e proprio sostegno”. La rivoluzione culturale fu voluta da Mao Zedong per frenare le spinte riformiste che stavano cominciando a nascere anche all’interno del partito e per riaffermare l’applicazione ortodossa del pensiero comunista. Si tradusse in una perdita di vite umane (si parla di sette milioni di persone, anche se stime precise non sono disponibili) e in una e propria persecuzione nei confronti di insegnanti, intellettuali e artisti.