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Renzi in Vietnam e Cina: delocalizzazione, cambiamento e coraggio le parole d’ordine. Ma i risultati?

Il premier italiano Matteo Renzi ha appena terminato il suo viaggio asiatico. Il primo di un premier tricolore in Vietnam. Un viaggio che l’ha portato ad Hanoi, a Shanghai e a Pechino in tempi ristretti. Forse anche troppo. Quanti sanno cosa è stato fatto durante questo viaggio? Credo pochi, anche perché sulla stampa italiana non è stato seguito più di tanto, nonostante al suo seguito c’erano un bel po’ di giornalisti delle migliori testate. Ma si sa, gli esteri in Italia sono argomento per pochi eletti, non interessano a nessuno, anche quando in gioco ci sono il fior fiore delle aziende italiane e il protagonista è il capo del governo. Andiamo con ordine. Se nessun primo ministro italiano sia mai andato in Vietnam, un motivo c’era. Il Vietnam è oggi quello che era la Cina una ventina di anni fa, la fabbrica del mondo, dove si produce a basso prezzo. Null’altro. Per le aziende italiane, il Vietnam è un eldorado in termini di costi di produzione, ma ancora troppo poco in termini commerciali. I ricchi sono ancora pochi, anche se ad Hanoi ci sono negozi di catene internazionali non fanno i numeri di paesi vicini come Thailandia, Malesia, Indonesia. Il messaggio quindi è: andate in Vietnam a costruire fabbriche. Bene fino a quando a farlo sono aziende come la Piaggio che continuano a produrre anche in Italia. Male se a farlo sono aziende che chiudono in Italia. L’invito venuto dal governo è stato quindi quello di delocalizzare, la stessa parola che Renzi ha Shanghai ha detto che non ha una accezione negativa. E ha ragione, ma nessuno intorno a lui l’ha spiegato, non voglio credere che neanche lui sapesse. Il Vietnam fa parte di una serie di paesi riuniti nell’Asean (The Association of Southeast Asian Nation), un gruppo che ha accordi commerciali favorevolissimi con diversi paesi del sud est asiatico e d’oriente, tra i quali la Cina. Mi spiego: se io sono azienda italiana e produco frigoriferi nello stabilimento vietnamita, posso venderli in Cina a prezzi molto bassi perché non pago una serie di tasse che invece dovrei pagare se li esportassi direttamente dall’Italia. E questo ha un senso, soprattutto perché i volumi che si generano in questi paesi dovrebbero poi essere reinvestiti in Italia. Qualcuno l’ha mai spiegato questo? Ho parlato di Cina e non a casa, perché ora in Cina si viene per due cose: vendere o attrarre investimenti. Renzi è atterrato con l’aereo di Stato a Shanghai alle 16. Alle 16.45 era all’ex padiglione italiano dell’Expo del 2015. Poco più di un’ora dopo seduto con il sindaco di Shanghai a parlare del polpo Paul e dei mondiali di calcio. Alle 19.30 cena da Otto 1/2 e poi partenza per Pechino. Questo è. A Shanghai si è rammaricato del fatto che la statura di Pinocchio nel padiglione non c’era più, nessuno gli ha detto che la statua è rimasta i pochi giorni che c’era l’esposizione della Toscana, non per tutti i sei mesi. Come tutti quelli che per parlare di Cina si rifanno a stereotipi, ha citato Marco Polo e Matteo Ricci, indicandoli come esempi di coraggio. Io di visite di stato ne ho viste ma soprattutto seguite molte. Questa non mi ha impressionato per niente, anzi, mi è sembrato di vedere e sentire il Cavaliere di Arcore. Nella discussione con gli imprenditori italiani e cinesi non è che sia uscito qualcosa di interessante, anzi. Qualche errore nei numeri, qualche frase ad effetto, qualche slogan televisivo. Ricordo un paio di anni fa la visita di Passera con un interessanti scambio con gli stessi imprenditori nello stesso luogo. Quello è costruttivo. A Pechino Renzi ha incontrato tra gli altri il premier Li Keqiang, il presidente Xi Jinping, il governatore della banca centrale cinese. Investimenti e riforme sul campo, nessuna parola sui diritti civili (da pochi giorni è trascorso l’anniversario di Tiananmen, per non parlare del resto), una serie di accordi firmati (molti dei quali in verità già firmati da tempo, ma si ha la memoria corta e la foto mentre si firma non si nega a nessuno) e un interessante forum con gli imprenditori. Ecco la visita di Renzi, non poco in verità e comunque importante il segnale di averla fatta. L’Italia è uno dei pochi paesi del G8 che snobba la Cina, nel senso che i suoi vertici ci vengono poco. Bene quindi anche se magari la prossima volta veniamoci più preparati e, soprattutto, incisivi, parlando un po’ meno di noi e spingendo un po’ di più su quello che si può fare. Rinforziamo la nostra presenza, forniamo gli uffici italiani in Cina di più soldi. Altrimenti, inutile continuare a parlarne. Avremo solo fatto il gioco di pochi imprenditori o aziende grosse. E, possibilmente, non dimentichiamoci che abbiamo una tradizione democratica e di diritti civili. Ricordiamolo anche alla Cina, il cui sviluppo è sempre meno sostenibile, costa moltissimo in termini ambientali e sociali.

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Renzi in Cina rottama la politica estera, aprirci di più

Dopo aver rottamato la vecchia politica italiana, Matteo Renzi punta a cambiare verso anche alla politica estera, fino ad oggi fatta di troppa diplomazia e pochi risultati concreti. “L’Italia è forte nel mondo ma fino ad oggi la politica italiana è stata il peggior direttore commerciale dell’Italia, noi vogliamo cambiare e fare i direttori commerciali e il marketing”, è l’affondo del premier con i suoi a bilancio della missione che lo ha portato in Vietnam e Cina. Una filosofia aziendale ancor più necessaria per il premier in tempi di crisi in Italia: “Altro che delocalizzare, se un’azienda come Piaggio non avesse aperto in Vietnam avrebbe chiuso Pontedera ed invece, internazionalizzando, ha salvato posti di lavoro in Italia”. Una ventina di intese commerciali tra aziende italiane e cinesi, incontri con i massimi vertici istituzionali e addirittura l’apprezzamento del presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, l’uomo che guida la seconda potenza economica mondiale, per le riforme avviate che hanno avuto “una grande risonanza internazionale”: potrebbe essere soddisfatto il presidente del consiglio al termine della sua prima missione intercontinentale. Ed invece Renzi rinvia i bilanci a quando si vedranno i frutti concreti della maggiore cooperazione con la Cina. E mette una pietra tombale sui risultati visti finora. “La bilancia commerciale tra noi e la Cina – sostiene con gli stretti collaboratori- è di 23 miliardi di investimenti a favore della Cina e di 10 per noi: è una sconfitta netta, dobbiamo correre e fare sistema per aumentare l’export e favorire l’arrivo dei cinesi in Italia”. Per questo oggi il premier ha annunciato al presidente Xi e al primo ministro Li Kequiang che i visti per turisti e imprenditori cinesi che vogliono venire in Italia si avranno in 36 ore invece che in 48, “una scommessa della macchina dell’amministrazione pubblica” anche per superare in velocità competitors europei, come i francesi, che hanno abbassato i tempi a 48 ore. Ma è un cambio di mentalità quello che il premier chiede alla diplomazia italiana, alla politica e anche ai sindacati. Basta, chiede Renzi, con il dibattito, e relative polemiche, “stucchevoli” sui mali della delocalizzazione della produzione italiana all’estero. Le aziende che aprono nuove fabbriche all’estero per produrre su mercati stranieri, come il sud est asiatico, si internazionalizzano perché “gli altri paesi fanno così” e i risultati in termini commerciali sono spesso migliori di quelli italiani. Anche perché con i ricavi all’estero le aziende italiane “portano business e posti di lavoro alle filiali in Italia”. Davanti alle massime cariche del paese del dragone e alla platea di imprenditori del business forum, Renzi cita due animali cari ai cinesi, la tartaruga e il cavallo, per simboleggiare il cammino che deve fare l’Italia. “Abbiamo da fare un miracolo: tenere insieme il cavallo e la tartaruga, la prudenza, la saggezza insieme alla capacità di correre”. L’esempio, più che mai calzante in giorni di polemiche in Italia sui ritardi dopo gli arresti, è l’Expo. Il primo ministro cinese assicura “la partecipazione attiva” della Cina e il premier, con i suoi, sottolinea lo scarto tra l’entusiasmo all’estero verso l’esposizione del 2015 e gli allarmi per i ritardi lanciati anche oggi da Roberto Maroni. “In un paese civile – si sfoga il premier – non si polemizza e si lancia accuse verso il governo che non c’entra ma ci si rimbocca le maniche”. Impegno che il premier prende, nel breve incontro con Tony Blair, anche per sbrogliare la matassa sulle nomine in Ue. “Noi non abbiamo diktat su Juncker – è la linea italiana né interesse ad appoggiare un candidato o l’altro ma la vera sfida è cambiare l’Europa”. Così come le fitte giornate in Oriente non distraggono Renzi dal consiglio dei ministri di venerdì: “Daremo risposte sui compiti dell’Autorità Anticorruzione e su Cantone, che non può fare il super pm né gestire l’Expo, così come faremo la riforma della P.A e spero di chiudere il provvedimento sulla competitività”. Il premier punta a mettere a frutto il 40,8 per cento delle europee per poi mandare sabato all’assemblea del Pd un messaggio politico chiaro: il governo non ha intenzione di “cincischiare” ma di dare risposte. E’ bene che tutti lo capiscano.

fonte: ANSA

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Gli accordi firmati in Cina durante la visita di Renzi

Dall’accordo tra Finmeccanica- Augusta Westland per la fornitura di 50 elicotteri in 5 anni al mercato cinese, all’intesa strategica di collaborazione tra Enel e aziende strategiche cinesi nel settore energetico e nucleare, fino a quelli per l’agricoltura che vede impegnata Intesa San Paolo. Grazie a questo ampio quadro di intese di partenariato industriale, sbarcano in Cina anche le Winx, sulle reti televisive di Cctv. E sono solo alcune delle intese siglate oggi a Pechino dai vertici di una cinquantina di aziende italiane, tra i quali l’ad di Finmeccanica Mauro Moretti e l’omologo di Enel Francesco Starace, alla presenza del premier Matteo Renzi e del primo ministro cinese Li Kequiang. L’Italia fa sul serio in Cina come dimostra il peso della delegazione di una cinquantina di imprenditori, guidata dall’amministratore di Luxottica, Andrea Guerra, che alla prima riunione del business forum Italia-Cina ha incontrato il gotha dell’economica cinese, guidata dal capo di Bank of China. Se l’Italia e la Cina a livello di governi hanno firmato il piano triennale di cooperazione e i ministeri dello Sviluppo 5 accordi di cooperazione in settori come ambiente, agricoltura, sanità, urbanizzazione e aerospazio, anche le aziende italiane e cinesi si sono impegnate ad una maggiore collaborazione. Moretti ha firmato per Finmeccanica sia l’intesa per la fornitura di 50 elicotteri sia quella tra Ansaldo Sts e United Mechanical and Electrical co. per la fornitura di sistemi di segnalamento Cbtc. Altri due accordi di cooperazione sono stati firmati da Enel mentre il ministro Federica Guidi ha firmato un accordo con Alibaba per la distribuzione on line di prodotti italiani in Cina. Presenti anche Invitalia, l’Ice e Cassa Depositi e Prestiti mentre l’amministratore delegato di Sace Alessandro Castellano ha annunciato una nuova linea di garanzie da 2 miliardi a sostegno di export e investimenti italiani in Cina. Tra gli accordi anche quelli tra Sogin e China General Nuclear Power Group (Cgnpc) nel settore del decomissioning nucleare e per la gestione dei rifiuti radioattivi. Il presidente del Consiglio e gli imprenditori al seguito della delegazione italiana faranno rientro in Italia con qualche motivo di soddisfazione, non solo per il consolidamento dei rapporti tra il nostro paese ed il colosso asiatico ma anche per il rilancio in grande stile del partenariato industriale tra Roma e Pechino. “Vi chiedo ora più forti investimenti della Cina in Italia. Anche l’Italia deve e può fare di più: l’interscambio bilaterale è di 33 miliardi ma sono 23 a 10, c’è una asimmetria e noi faremo di tutto per incoraggiare gli imprenditori italiani a gustare la sfida cinese e vi chiediamo di investire di più nel nostro Paese”, ha commentato Matteo Renzi, intervenendo, nel Palazzo dell’Assemblea nazionale del popolo a Pechino, alla prima riunione del business forum Italia-Cina. La maggiore cooperazione tra i due Paesi è stata anche al centro del colloquio tra il premier italiano e il primo ministro cinese Li Kequiang nel corso del quale i due presidenti si sono assicurati una maggiore collaborazione futura. “La sfida più bella – ha affermato Renzi – deve venire. Io sono grato agli imprenditori che investono in Italia e sono grato agli imprenditori italiani che sono qui non per delocalizzare, una parola sbagliata, ma per internazionalizzare, rendere globale il proprio business”.

fonte: ANSA

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Calano esportazioni alimentari italiani in Cina nei primi mesi del 2014, -8,2% ma per Coldiretti quadruplicate le esportazioni da inizio crisi

Il cibo e il modello alimentare italiani devono trovare più spazio in Cina, visto che nei primi due mesi del 2014 l’export ha segnato -8,2%. A dirlo è il consigliere incaricato di Federalimentare Luigi Scordamaglia, nella missione del presidente del Consiglio Renzi e del ministro Guidi nel Paese asiatico. ”Gli ultimi risultati del nostro export alimentare in Cina non sono pienamente soddisfacenti – fa sapere Scordamaglia – se si pensa alle enormi potenzialità del mercato cinese”. Da qui la necessità di intensificare le azioni di informazione e promozione del Food and Beverage italiano, aumentando lo sforzo distributivo attraverso i canali del retail, food service e e-commerce. ”La filiera agroalimentare italiana è sinergica alle esigenze di questo Paese – sottolinea il consigliere -, aumentare l’autosufficienza per una serie di commodities agricole è una priorità assoluta per la Cina, alla ricerca di un modello sostenibile che ripari gli errori del passato e valorizzi al massimo la terra disponibile senza impattare negativamente sull’ambiente. In questa sfida, il modello produttivo italiano – conclude – è la risposta migliore possibile; le eccellenze alimentari italiane entrano sempre più nelle abitudini alimentari di questo Paese, serve però una decisa semplificazione delle procedure infinite di registrazione all’importazione e l’eliminazione di molte barriere non tariffarie”. Dall’inizio della crisi ad oggi il valore dell’export di prodotti agroalimentari italiani in Cina è quasi quadruplicato, con un aumento record del 270%. E’ quanto emerge da uno studio della Coldiretti su dati Istat relativi al periodo 2008-2013 in occasione della visita del premier Renzi. E’ il vino il prodotto made in Italy più esportato in Cina, il Paese asiatico diventato il maggior consumatore mondiale di rosso; seguono dolci, olio d’oliva, frutta e formaggi, con 13 mila forme di Parmigiano Reggiano esportate nel 2013. In Cina, il ceto che può contare sui livelli reddituali più elevati, va alla ricerca di prodotti agro-alimentari di importazione, che ritiene più sicuri, con meno residui, e per i quali è disposto a pagare di più. Un esempio, rileva Coldiretti, è l’ortofrutta, anche se frenato dalle barriere doganali e fitosanitarie e, proprio la visita del premier potrebbe rappresentare una spinta a superare le restrizioni che continuano ad interessare alcuni prodotti tricolori. Complessivamente le esportazioni di prodotti agroalimentari è stata pari a 342 milioni di euro nel 2013, con un aumento del 13% rispetto al 2012.

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La missione di Zanonato in Cina nel senso di rilanciare i rapporti

Secondo il ministro per lo sviluppo economico Flavio Zanonato, che dal 13 al 16 gennaio sara’ in visita in Cina, ”ci sono tutte le premesse per un rilancio innovativo dei rapporti bilaterali” tra i due Paesi. In particolare, sottolinea il ministro, ”per un rapido aumento del nostro export che – nell’attuale momento di flessione dei consumi interni – sostiene la nostra competitività continuando ad innovare il ‘Made in Italy’. Oltre ai colloqui bilaterali, il ministro firmera’ a Pechino due accordi: un Memorandum of Understanding (MoU) per la costituzione di un Business Council tra le principali associazioni degli imprenditori italiani e cinesi e un altro per la cooperazione nei settori della ricerca industriale, innovazione/sviluppo, comunicazioni e tecnologie dell’ informazione. Sono infatti questi i settori individuati dall’ Ambasciata italiana di Pechino sulla base delle prorita’ indicate dall’ ultimo piano quinquennale di sviluppo cinese e della capacita’ tecnologica e industriale dell’ Italia. Il ministro sottolinea che ”il nuovo governo cinese e l’ambizioso piano di sviluppo dell’economia della Cina evidenziano un Paese piu’ maturo e piu’ attento allo sviluppo, alla tutela dell’ambiente, all’energia sostenibile e ad un’agricoltura moderna. Tale strategia cinese, con il passaggio dalla quantità alla qualità industriale e con crescente attenzione ai consumi di 1,3 miliardi di persone, guarda oggi con favore ai vantaggi che la tecnologia e l’ industria italiane possono garantire: si tratta dunque di un’occasione assai preziosa per gli interessi dell’Italia’. ”Lavoriamo per ottenere da parte cinese un impegno puntuale a far ricorso alle capacita’ italiane per la creazione di nuovi aggregati urbani (nei prossimi 15/20 anni 350/400 milioni di cinesi si sposteranno dalle campagne alle citta’) capacita’ che ci fanno conoscere nel mondo per l’eccellenza e la qualita’ abitativa delle citta’ italiane”, conclude Zanonato. Il ministro arrivera’ a Pechino con una numerosa delegazione di imprenditori italiani che incontreranno imprese cinesi selezionate dal ministero del commercio e dalle camere di commercio locali.

fonte: ANSA

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In primavera visita di Enrico Letta in Cina

“Andrò in Cina la prossima primavera”. Lo ha annunciato oggi il primo ministro italiano Enrico Letta,  intervenendo alla Farnesina alla riunione degli ambasciatori. 

 

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Il segretario generale della Farnesina conferma l’interesse di Pechino verso Roma

La Cina conferma il suo interesse nei confronti dell’Italia come partner in diversi settori. E’ questo il messaggio che il segretario generale della Farnesina, ambasciatore Michele Valensise, riporta in Italia al termine della sua visita nel paese del dragone. Dopo la tappa a Shanghai, Valensise, accompagnato dall’ambasciatore italiano in Cina, Alberto Bradanini, ha avuto diversi incontri nella capitale cinese, volti a rinsaldare i forti legami che ci sono tra i due paesi. Valensise ha così avuto modo di intrattenersi non solo con i rappresentanti delle aziende italiane e del sistema Italia a Pechino, le Camere di commercio e le banche, ma ha visitato il nuovissimo centro italiano per la concessione dei visti appena aperto, a sottolineare l’importanza che il nostro paese pone sull’enorme richiesta di visti da parte dei cinesi. Ma il fulcro della visita a Pechino è stato il lungo e cordiale incontro che Valensise ha avuto con il viceministro degli esteri Song Tao, durante il quale si sono toccate le questioni bilaterali, europee, l’attualità internazionale, la Siria, l’Iran, l’Africa, l’Onu. “Il governo di Pechino – ha detto l’ambasciatore Valensise all’ANSA – guarda con molta attenzione all’Italia ed è aperto a nuove forme di collaborazione. Segue in dettaglio il processo di riforme in atto nel nostro paese e si augura di poter presto ricevere in visita il presidente del consiglio Enrico Letta”. Dall’incontro è emersa una grande disponibilità della Cina a lavorare con l’Italia nei prossimi mesi su una agenda concreta. Per questo si sta anche lavorando all’organizzazione dell’incontro del comitato governativo. “La riunione con il viceministro degli esteri Song Tao – spiega Valensise – ci ha consentito un esame approfondito dell’agenda dei due paesi. Stiamo preparando il prossimo incontro a Roma del comitato governativo italo-cinese, co-presieduto dai ministri degli esteri Emma Bonino e Wang Yi, che affronterà molti temi di interesse comune, dal commercio agli investimenti al ruolo delle imprese italiane in Cina”. L’incontro tra i rappresentanti diplomatici di Italia e Cina, ha dato anche la possibilità di mettere sul tavolo questioni su temi importanti, soprattutto per gli scambi tra i due paesi. “Nel nostro incontro – ha concluso Valensise – abbiamo anche confermati i settori prioritari di collaborazione, l’agroalimentare, l’ambiente, l’urbanizzazione, la sanità, per i quali l’Italia chiede una concreta apertura alla parte cinese con l’obiettivo di ridurre le asimmetrie esistenti”.

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Il segretario generale della Farnesina a Shanghai

Prima tappa a Shanghai per il Segretario Generale del Ministero degli Esteri, ambasciatore Michele Valensise – in missione in Cina – dove, incontrando i manager italiani impegnati nell’area, ha rinnovato ”l’impegno, come istituzioni, a rafforzare le azioni delle imprese”. ”Per questo, e in realtà come la Cina – ha sottolineato Valensise, accompagnato dal console generale a Shanghai Vincenzo de Luca – è necessaria una programmazione di lungo periodo. Porto con me qui in Cina il nuovo focus che il governo ha voluto dare, con Destinazione Italia, cercando di attirare investimenti stranieri nel nostro paese, dal momento che in questo settore la nostra posizione non è adeguata”. L’ambasciatore ha quindi lodato il metodo della concertazione pubblico-privato messa in campo a Shanghai. A Valensise, è stato presentato un quadro della presenza delle aziende italiane (con gli importanti cluster industriali di Suzhou, le imprese del lusso di Shanghai e quelle di altri settori diffusi in tutta la circoscrizione), circa 900 aziende stimate (516 negli elenchi dell’Ice), che mostra un gruppo vivo, in salute. Nel 2012 l’interscambio commerciale tra Cina e Italia aveva raggiunto i 41,9 miliardi di dollari (-18,3% rispetto al 2011), con l’export italiano verso la Cina che ha toccato 16,2 mld/dollari, di cui il 41,6% è rappresentato da macchinari. Nel primo semestre del 2013 l’interscambio ha invece raggiunto i 13,35 mld/dollari con un incremento dello 0,5% rispetto allo stesso periodo 2012. Nel primo semestre 2013 l’export italiano verso la Cina ha raggiunto gli 8,2 mld/dollari con un incremento del +4.5% rispetto allo stesso periodo del 2012. Il successo dell’Italia a Shanghai è dimostrato anche dal numero di visti rilasciati, che ne fanno il primo paese europeo in diversi settori. Da gennaio a settembre di quest’anno sono stati rilasciati 83.340 visti (+24,04 % rispetto al 2012), per la maggior parte visti per turismo e per affari. Presentate all’ambasciatore, anche le iniziative in vista dell’Expo 2015, che ha un suo programma destinato ai turisti cinesi. L’ambasciatore Valensise è poi partito alla volta di Pechino dove domani concluderà la visita in Cina.

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L’ambasciatore Bradanini incontra il governatore del Jiangsu

L’Italia punta a rafforzare la sua presenza nell’importante provincia orientale cinese del Jiangsu, ma soprattutto a rafforzare la presenza degli investimenti cinesi da questa provincia in Italia. E’ quanto ha auspicato a Nanchino, dove è andato in visita, l’ambasciatore italiano in Cina Alberto Bradanini che, accompagnato dal console generale a Shanghai Vincenzo De Luca, ha visitato gli insediamenti produttivi italiani, incontrato i manager delle aziende italiane e soprattutto il governatore della provincia, Xi Xueyong. Una provincia importante lo Jiangsu: il suo rappresenta il 10% del Pil nazionale, con una forte base industriale, alta tecnologia, 4.300 chilometri di autostrade, 9 aeroporti che trasportano 14 milioni di passeggeri, 130 università. Nel 2012 tra lo Jiangsu e l’Italia c’è stato un interscambio di 6,2 miliardi di dollari, 3 miliardi nei primi 8 mesi dell’anno. L’Italia, come ha ricordato Xi, ha nello Jiangsu 705 progetti con 3,4 miliardi di dollari in investimenti. Grandi stabilimenti, come Iveco, Danieli e Marcegaglia, ma anche medie aziende che tengono alti i profitti, nonostante la crisi stia facendo scendere il volume totale dell’interscambio. A Suzhou, nella provincia, c’è il più grande hub di aziende italiane in Asia e forse nel mondo. “Ma – ha sottolineato l’ambasciatore Bradanini – l’interscambio è sbilanciato, perchè in Italia ci sono “solo” 27 progetti di investimento del Jiangsu per un valore di 500 milioni di dollari. Dobbiamo lavorare per aumentare questi investimenti”. L’ambasciatore e il governatore hanno individuato in quattro aree già comprese nel piano quinquennale cinese e che vedono le aziende italiane protagoniste (ambiente, urbanizzazione sostenibile, agricoltura e sanità), campi di forte collaborazione attraverso progetti, tra gli altri, sui trasporti, sulle tecnologie, sullo smaltimento dei rifiuti, sulla sanità. Ma anche il turismo: il governatore Xi ha assicurato pieno sostegno alle iniziative di promozione turistica dell’Italia nella provincia e l’aumento della piattaforma turistica, oltre che l’aumento della cooperazione culturale e lo scambio nel settore della conservazione dei beni culturali. Dal canto suo, Bradanini ha auspicato una maggiore conoscenza reciproca e le agevolazioni per l’ingresso di studenti e turisti del Jiangsu in Italia, sottolineando come le autorità italiane consolari competenti già hanno velocizzato i processi di rilascio dei visti ai cinesi.

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In Cina trasmissioni di televisioni italiane

Cominceranno domani le trasmissioni in Cina della prima televisione italiana nel paese del dragone, frutto dell’accordo tra l’editore italiano Giglio Group e il colosso cinese China International Broadcast Network (Cibn). Per la prima volta, come è stato detto oggi nell’ambasciata italiana di Pechino dove è stato presentato l’accordo, sbarca in Cina il meglio della produzione televisiva e cinematografica italiana, spaziando da serie televisive a programmi che portano il made in Italy nei temi dei viaggi, della moda e culinari. E così da domani sulle televisioni via cavo cinesi, ma anche sul satellite, pay per view e internet, ci sarà la possibilità di vedere le serie televisive “Carabinieri”, “L’onore e il rispetto”, “Crociera Vianello”, “Ris”, “Distretto di Polizia”, ma anche film come “Immaturi” e “L’ultimo bacio”. Non solo: il ricco palinsesto televisivo che Giglio Group ha realizzato per i partner cinesi, prevede anche produzioni che hanno fatto la storia dell’importante gruppo editoriale italiano come gli speciali di “That’s Fashion”, “M.O.D.A.”, programmi di viaggio come “Gulliver” e le grandi produzioni teatrali del teatro alla Scala di Milano. Accanto a Giglio Group, in qualità di provider e licenziatari dei contenuti, si sono compattati in un progetto comune senza precedenti, produttori grandi e piccoli che insieme rappresentano il 70-80% del comparto, con Mediaset in prima fila. “L’accordo – ha spiegato l’ambasciatore italiano in Cina, Alberto Bradanini – è un importante evento per gli scambi tra Cina e Italia, perchè per la prima volta la televisione italiana sbarca qui, con una offerta nutrita che da’ ai nostri amici cinesi una visione molto piu’ approfondita di quello che è il nostro paese, nell’ottica di un progressivo avvicinamento tra la cultura e i mercati dei due paesi con la speranza di innescare ulteriori sviluppi in questo campo”. Giglio, dopo l’inizio dei programmi pensati per il pubblico cinese, non esclude la possibilità di diventare in futuro la porta della produzione televisiva cinese in Europa e in Italia. “Il nostro gruppo – spiega all’ANSA Alessandro Giglio, amministratore delegato di Giglio Group – è presente in 4 continenti e 35 paesi. Nell’accordo a lungo termine firmato con i cinesi, c’è sicuramente la possibilità di verificare i contenuti da portare in Europa in generale e in Italia in particolare. Per ora apriamo una finestra di alta qualità sullo stile di vita italiano per soddisfare la passione e la curiosità dei cinesi”. L’accordo firmato con la Cibn (che è il vettore esclusivo di proprietà del colosso Cri-China Radio International, la piu’ grande società di radiodiffusione cinese), prevede che tra l’altro l’editore italiano curerà la gestione dei contenuti, i palinsesti ed il supporto editoriale e tecnico. Affiancherà inoltre la concessionaria pubblicitaria di stato per la promozione degli spazi commerciali. “Siamo molto contenti dell’accordo – ha detto Gong Yuguo, vice presidente di Cibn – perchè portiamo in Cina prodotti di qualità di un paese che i cinesi amano e che conosceranno e apprezzeranno di piu’ anche grazie alle trasmissioni televisive che proporremo”.

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